INTRODUCTION BY ENVER. TRANSLATED DY UDOKANT
Floppy disks are our vintage, that's a fact. Soon cds will follow too. Before this comes true, grab Carlo Barbagallo's "Floppy Disk", a very talented sicilian musician who is also a member of Albanopower and Suzanne'Silver. If you're sick of the derailed application of the concept of "indie", have a listen to his 11 tracks, to be played as if they were two sides of a vinyl. You're going to find various analogies with both the way and the ethics stemmed from 70's record production added to a low-fi necessity but without the blurred mind of those who deny the past and keep from knowing what has happened afterwards.
Rarely enough, "Floppy Disk" leaves an ultimate image in your mind, hitting the ground around that place psychologists call "ocean feeling", that is the unborn reactions to the outer stimulus they perceive when they are still in the womb. Psycho-Floydish attitude becomes a natural partner to the latest Beatles, as well as a conservation of the american classics (Neil Young, country, blues, west coast rock radios) added to an eye for 90's disciples like Layne Staley, Shawn Smith and Greg Dulli; alienated impros descend smoothly from the glam era written by Brian Eno, Bowie and King Crimson.
Here is an unaware hold on to the present Dr. Dog and the already regretted Beta Band, vocal deviations à la Damon Albarn's soundtracks and an osmotic liaison with Albanopower (another dissociated utopia, if you look at our times) whose lemon tree field has witnessed the birth of the vocal lines.
In translucency you see Barbagallo, a new figure who's intended to populate like elves do our oneiric, narc-hypnotic, maieutic dimension of our musical reception: a cubic super8 kaleidoscope yellow blurred patina from which you cannot escape in first place, then you don't even want to, right when butterflies begin to prevail.
KOMAKINO
I guess that in calling this release Floppy Disk, there's been a some kind of irony more than a recall to a disused tecnology. I mean, will this disc be a flop? Something like that. Of course, as regards komakino'zine, there is no doubt about the successful nature of this disk, - and it proves how Barbagallo is a unique Artist in Italy, an all-round musician (from guitar to drums, piano, organ, banjo, strings, samples, tricche tracche) besides that an inspired song-writer: His Music is like a perfect blend of The Beatles and Zappa's pop psychedelic sung by Mike Patton - but these are just generic coordinates for the reader. His kaleidoscopic tunes are twirling, eclectic, - i.e. Paper Mirror, - hippie and romantic, - or Yolkrise, maybe the more radio-friendly act among the 11 tracks. Then, Cold Shiver, - a real opus, - it explores the altered states of fast and slow adrenaline injections, with unexpected angle shots. The album also features some fugue-like space trips - the sense of oneiric disorientation with Motion (reprise) - and more thoughtful whispered digressions such as Oh Carol!, the carillon and alien frequencies of French Road, - as well the pastoral journey of Little Island, that is over 6 minutes of chatartic rise, begun among the ears of wheat, enwrapping the listener into a tangible multicolour imaginary. Don't miss this release, - it is also available for mp3 purchase (- and as floppy disk, too. Just joking).
Suppongo che nel dare titolo a questo Floppy Disk, ci sia stata dietro una certa ironia più che un richiamo a certa tecnologia informatica in disuso. Mi spiego: questo disco sarà un flop? - Qualcosa del genere. Naturalmente, per quanto riguarda questa fanzine, non v'è dubbio riguardo la qualitativa natura di questo album, - anzi, prova quanto Barbagallo sia un Artista unico in Italia, polistrumentista (dalla chitarra alla batteria, piano, organo, banjo, sample, tricche tracche) oltre che un'ispirato arrangiatore di canzoni: la Sua Musica mi pare un perfetto dosaggio della psichedelia pop di Beatles e Zappa, cantata da Mike Patton - ma queste sono solo coordinate generiche per il lettore.
Le sue melodie caleidoscopiche sono piroette, naturalmente eclettiche, - come Paper Mirror, hippie e romantica, - o Yolkrise, forse il momento più radio-friendly fra le 11 tracce. Poi Cold Shiver, un vero gioiellino, - esplora gli stati alterati del veloce contro il lento a seguito di iniezioni di adrenalina, con inaspettate angolazioni. L'album ha anche delle fughe spaziali, - come con il disorientamento onirico in Motion (reprise), e le più riflessive e sussurrate digressioni di Oh Carol!, i carillion e le frequenze aliene di French Road, nonchè il viaggio pastorale di Little Island, ovvero oltre 6 minuti di crescita catartica, iniziata fra le spighe di grano, che avvolgono l'ascoltatore in un tangibile immaginario multicolore.
Non perdeteVi questo disco, - è anche disponibile per l'acquisto degli mp3, nonchè su vinile (- e floppy disk, - no scherzo).
BEATBOPALULA
Ci si perde alzando il tiro delle proposte? Nel caso di Barbagallo non si direbbe, anzi siamo al cospetto di un evoluto pop, isoscele e delirante, avventuroso nel riscaldare miscele raffreddate d’acume acidoso seventies a tutto tondo. Potrebbero essere le tracce di Sid Barrett lasciate fuori da “The madcap laughs” quelle contenute in Floppy Disk, figlio diretto di quel “The” che un anno fa diede avvio alla non convenzionale carriera di questo “folle ingegno” made in Sicilia. Già da considerare una delle figure cardine della nuova scena underground, Barbagallo – per le sue intricate connessioni con traiettorie stilistiche che abbracciano Beck, Floydianità trasversali e tenerumi Beatlesiani – torna alle radici della psichedelìa in un’ottica “scollegante”, mutante; tra sperimentalismi cosmique di Motion Reprise, Little Island e French Road”, piccole estasi Lennoniane come in Yolkrise, capricci alcoolici folk in The Motion, Oh Carol!, chitarre e fiati svogliatamente beat di Paper Mirror e Cold Shiver, il disco, o meglio il floppy disk immaginario, va diretto al cervello dell’indifeso ascoltatore assemblando via via una disarmonica armonia azzeccatissima. Questi piccoli dettagli possono da soli bastare per far scattare la molla di andare a reperire questo buon prodotto ovunque. Se poi ci si sofferma sul cantato in inglese come se provenisse da un retrobottega di un wine-store, allora il ciclo dell’impeccabilità totale è completo. Mentre passa Spectacle, ballata dinoccolata, strisciante di slide e contrappunti d’archi, la sensazione di aver ascoltato “qualcosa d’altro” è forte e il gusto di aver assaggiato un disco che fonda la sua struttura sulla destrutturazione della psichedelìa fa venire “voglie incontrastabili di repeat forsennato”. Incantevole in surplus se vi lasciate come finale Friday prima di decollare da dove vi trovate.
Massimo Sannella
INDIE-EYE
“Floppy Disk”, esordio sulla lunga distanza del siciliano Barbagallo, già con i Suzanne’ Silver e ora leader degli ottimi Albanopower, è il primo passo di una promettente carriera, tra i migliori dischi di questo 2009 pubblicati in Italia…
Il floppy disk è già finito nel dimenticatoio, soppiantato da supporti ben più evoluti. “Floppy Disk”, esordio sulla lunga distanza del siciliano Barbagallo, già con i Suzanne’ Silver e ora leader degli ottimi Albanopower, merita invece un posto nella memoria. Sia perché ci spinge a considerarlo come il primo passo di una promettente carriera, ma anche perché già oggi può essere annoverato tra i migliori dischi di questo 2009 in Italia. Il giovane siracusano (solo 25 anni) dimostra infatti lungo le 11 tracce contenute nel disco una maturità ed una cultura musicale quasi sbalorditive, specialmente nel panorama italiano, spesso ridotto a copia di ciò che avviene l’anno prima oltreoceano o oltremanica. Il risultato sono 40 minuti che giocano con il pop, sporcandolo di psichedelia, folk e sperimentazioni di vario genere. L’influenza maggiore può essere rintracciata nel genio visionario di Syd Barrett, il cui fantasma aleggia su buona parte dei brani, dove la melodia si incontra e si sposa perfettamente con dei lampi acidi e freak. L’esempio migliore è l’accoppiata finale, composta da 2 brani concatenati: il primo, “Little Island”, ci porta in territori pop aciduli e quasi blues; il secondo, “French Road”, ne rappresenta la coda, ripetitiva e quasi inquietante, che ci trascina per quasi quattro minuti in lande lisergiche. Ogni brano ha comunque qualche segreto da rivelarci, con passaggi o momenti melodici di assoluta qualità. “Yolkrise” è puro pop beatlesiano; “The Motion” mescola country rock alla Neil Young con le moderne stramberie weird-folk di Devendra Banhart e soci; “Pale Purple Sky” sembra una versione sghemba delle ballate dei Wilco; “Cold Shiver” è invece un riuscito tentativo di far deviare melodie indie-pop a base di synth verso lidi psichedelico-orientali (provare per credere). In pratica, una vera e propria festa per chi cerca ascolti coinvolgenti e non banali, in equilibrio tra passato e futuro.
Fabio Pozzi
ROCKIT
Sei incostante. Mi alterni melodie soavi a drammi psichedelici profondi. Poi mi prendi mi coccoli e mi stendi su una moquette anni novanta, invecchiata da uno strato di polvere in cui ci rotoliamo starnutendo per ore. Poi mi alzi, mi guardi e mi dici. Chi sei? Potrei fare la stessa domanda io a te. Così non ci badiamo. Ci rivestiamo. Ci rispogliamo. Ci bestemmiamo e ci baciamo. Siamo incostanti. Confusi distratti. Così alterniamo i sorrisi ai lamenti e ci diciamo poesie d'amore digrignando i denti.
"Floppy Disk" è un magnifico album incostante. Ovvero forme e colori che si condensano in modo eclettico e sempre nuovo. Un album maledettamente retrò, con un tremendo appiglio vintage che sfodera echi profondi e tradizioni lontane. Corde slabbrate e strutture psichedeliche caldamente blues. Come se la Siracusa più assolata ospitasse per un giorno un meeting sulla classic music americana, costringendo per ore Neil Young, Frank Zappa e i Jefferson Airplane (centuplicati) a stare stretti stretti in un teatro greco suonando a random, sull'arena bollente, frammenti country blues e radio rock.
È così che Barbagallo (già con gli Albanopower e i Suzanne'Silver) darebbe vita a questo suo secondo lavoro, un magnifico concentrato di strutture dissociate ed incastrate come Lego ineguali di uno stesso edificio. Dalle atmosfere hippie di "Paper Mirror" alle moine glamour della bellissima "Pale Purple Sky", Carlo Barbagallo si sbizzarrisce in un lavoro di attitudine lo-fi inflessa alle più svariate storpiature acustiche. E ciò che già si era avveritito in "The" (2008), con i lamenti minimali ed i suoni di un ditale sdraiato su morbide chitarre hendrixiane, viene ora esplicitato in modo più compatto e maturo, più ricercato e soprattutto supportato nel complesso da un prodotto più definito.
Stridulii e lamenti si lasciano così addomesticare in un suono caldo e ringhioso, a tratti graffiante a tratti squisitamente corposo e addolcito, stendendo anche le distorsioni più sporche su sottili melodie fatte di pop, di fischiettii, di tasti di pianoforte e briciole di elettronica decorativa.
Un album che d'altronde si infarcisce la bocca di citazioni fino a sbrodolarle tanta è l'abbondanza con cui ci si ingozza: dalle ballate dei Wilco alle follie strumentali di Beck alle atmosfere tipicamente floydiane. E tuttavia, spremuti gli agrumi, quello che vien fuori è un succo denso e personalissimo, a tratti squisitamente acre a tratti dolce e rinfrescante. Un piccolo gioiello sperimentale da possedere.
Alex Urso
SALTINARIA
Carlo Barbagallo, artista poliedricamente contaminato, presenta il suo indelebile "Floppy Disk". Okkei, qui c'è un genio. Poco da aggiungere al lavoro di un artista così maturo nonostante i suoi 25 anni. Semmai il mio è un pietoso tentativo di descriverlo, di abbracciarlo tutto, pur sapendo che è impossibile. Il fegato di quest'anima musicale è sano e vasto come quello di uno squalo. Digerisce tutto. Carlo Barbagallo ha assimilato i Beatles e Lucio Dalla, David Bowie e i Supertramp, il carillon e i rumori della bicicletta (per cui scrive delle "quasi partiture" per campanelli e orchestra). Un vulcano di idee, un crogiolo e una forgia, con un unico difetto: è poco cantabile. Lavora molto per se stesso e poco per il pubblico. Quasi perfetto (se nel pubblico non ci fossi anch'io), quasi solo: chi può seguirlo in questa meravigliosa giungla di suoni? Più di ogni altro mi ricorda Beck di Guero, libero di accopiare ogni strumento a qualunque altro e libero di fare arrangiamenti che sanno di blues, folk, minimalismo, IDM, ironia frankzappiana e spessore culturale. Così, lo ascolti e ti sembra di sentire il mare, John Lennon, fragore, candore, sinfonia e filastrocca. E fa tutto da sè: suoni, canti e arrangiamenti. Il gruppo gli sta stretto. E poi le sonorità di questo "Floppy disk" sono troppo larghe, troppo contaminate per affidarle ad un tipico gruppetto. Una voce che sa di nebbia e metallo, che ricorda i Blur. Preziosi intarsi folk di banjo e campagna, ruggine e cascina. Un cowboy elettronico, un bandito senza gang in fuga per il midwest, una luce laser in un impianto scenico di candele a cera.
Irrequieto, strafottente, ipnotico, orchestrale, sapiente. Un inventore di gran razza.
E adesso basta sennò mi viene l'invidia.
Josè Leaci - 7.8/10
SENTIREASCOLTARE
...Barbagallo, sempre più estroso e autorevole, denso ma imprendibile...
Detto dell'eclettico pedigree di questo under 25 siracusano nella recensione del precedente The EP, veniamo al qui presente debutto lungo che scompiglia le carte in tavola ispessendo la vena psych nella quale scorre un estro sempre più denso e frizzantello. Qualcosa che - in un patetico tentativo di farvi capire - ti aspetteresti da una jam non propriamente sobria eppure lucida cui partecipassero Damon Albarn, Syd Barrett, il caro Richard Swift, il smepiterno John Lennon, lo sfuggente quanto amabile M. Ward e - last but not least - quel bel tipino di Morgan. Rock acidulo, mollezze blues, pop erratico (vedi soprattutto l'ipnosi agra di Spectacle), fanno di questo album un carosello "flessibile" e accorato di situazioni freak, fermo restando uno stile che lambisce l'istrionismo pur obbedendo all'ansia sperimentatrice. Estroso dunque, umbratile, caldo, febbrile, misteriosamente autorevole: lo diresti il fratello maggiore dei più zuzzurelloni Jennifer Gentle spuntato da una piega ignota dello spaziotempo a miracol mostrare. Cos'altro aggiungere... Evviva?
Stefano Solventi - 7.2/10
LOSING TODAY/NONGUARDOLATV
Barbagallo (per gli amici Carlo) è una splendida nuova realtà nel panorama musicale sviluppatasi sull’asse Catania-Siracusa. In Floppy Disk c’ha messo dentro tutto: un blues spennato, un folk acido alla Syd Barret, country de noiantri, rock’n'roll a fiumi, e qualche retro-gusto di post-rock che ci sta sempre bene, soprattutto per uno come lui che con il progetto Suzanne'Silver ha subito il battesimo a cura della famiglia Tilotta (aka Uzeda) e si è meritato un disco uscito negli USA e un tour nella west coast (e scusate se è poco). Ma Barbagallo così uscito dai ranghi, da solo mette insieme un circo che chi se lo poteva aspettare? anzi, chi se lo può permettere in questi tempi di crisi? Uno di quei dischi che girarà solo tra gli amici e tutti penseranno che è davvero un peccato, e che il ragazzo c’ha talento da vendere. Ci sono pezzi scoppiettanti come "Cold shiver", tra Stereolab e Robert Wyatt (la butto lì), tutto up tempo e con ghirigori tutto attorno. “Yolkrise” è la ballata da Wilco o Elliott Smith, ma parecchio post-moderna, doppie voci ad incrocio, un pianoforte trascinatore. E l’impressione ad ogni salto da una traccia all’altra è la stessa di quando si scorre con le dita tra vecchi LP in un negozio di dischi: se ne prende uno in mano, si soffia via la polvere e si lascia che l’isparazione trovi il suo seguito. Il minimalismo blues di “Spectacle” è da cupo pianobar fumoso (in un mondo perfetto). L’ascendente anni ‘70 è innegabile, ma la sostanza va oltre i richiami, che in alcune parti sono anche un po’ confusi. Bella prova per Barbagallo, un contributo al limite con l’anacronismo. Il disco è uscito in poche copie in versione CD, ma si trova da scaricare sulla piattaforma Bandcamp, ottimo trampolino di lancio per band emergenti.
Idna aka Andrea Firrincieli
INDIEFORBUNNIES
L’onesto recensore ogni tanto deve saper ammettere che alcuni dischi vanno ascoltati con una cultura musicale alle spalle che non possiede. Alzo la mano. Il cantautore siciliano Carlo Barbagallo mette sinceramente in difficoltà, ma piuttosto che lamentarmi preferisco trovare le parole per descrivere un lavoro immenso nella sua completezza ed originalità, un disco che tocca i più diversi meandri del blues, del pop, del rock, della psichedelia, con sperimentazioni al di là degli schemi che ormai ingabbiano anche chi fa prog o musica d’avanguardia. Molto spesso, perlomeno. “Floppy Disk” esce dalla mente di uno dei musicisti più eclettici che mi sia capitato di ascoltare. Dalla sua biografia si apprende la sua abilità con molti strumenti, ma anche che ha solo 25 anni. Non è questo che scopriamo in un CD influenzato dai Beatles (per questo fari puntati su “Paper Mirror” e “Friday”) e dal brit-rock meno ostentato (è il caso dell’unico pezzo orecchiabile, “Yolkrise”), con chitarre di buona ispirazione anni ‘60 – ‘70 (i primi Pink Floyd o i lavori solisti di Barrett e Zappa), piano e tastiere allucinate, musica raffinata. Ricordi di Genesis e dei più recenti Motorpsycho, quando anche loro superano le vie più “alternative” per raggiungere quello stato quasi comatoso, riflessivo, che con le venature psichedeliche tra arpeggi e synth ti sa far immaginare di essere chissà dove, sorvolando chissà quale posto incantato. Evocativo, il termine giusto (soprattutto per un pezzo come “Spectacle”, che in alcuni tratti fonde i Radiohead di “OK Computer” alle atmosfere di “Animals”, di quei bravi ragazzi di Waters& co. che ho già citato prima). Sono anche i titoli a farti capire che si cerca una certa comunicatività, come “Pale Purple Sky”, e la successiva, in ordine, “Motion Reprise”, un viaggio noise senza pretese. Si ritorna sulle frequenze radio (se qualcuno ha visto I Love Radio Rock) con “Cold Shiver”, apprezzabile in particolare per l’inserimento, tanto azzeccato quanto inaspettato, di un vortice di archi e suoni sintetizzati dalle arie piuttosto “classicheggianti”, e controtempi di batteria praticamente irriproducibili. Ed è musica da sonorizzazione di film muto in “Little Island”, un elemento su cui spero questo artista si voglia cimentare in futuro perché ha potenzialità per creare accompagnamenti davvero degni a scene di inimmaginabile teatralità (l’LSD non serve quando circola questa roba, sul serio). Un album davvero caleidoscopico, quasi un’opera dimostrativa di come la cultura musicale ti possa portare, anche con poca esperienza (senza sminuire il buon Carlo), a produrre dei gioielli di raro splendore, ed il valore artistico di questo disco, già riconosciuto da recensori ed ascoltatori un po’ ovunque, dovrebbe avere la possibilità di viaggiare oltre i meandri di internet. Ma si sa, dissotterrare la musica migliore dalla fossa in cui l’hanno conficcata i discografici del 2000 è impresa da pochi. Ma per Barbagallo, ci metterei la firma. Ascoltatelo, ne vale veramente la pena.
Emanuele Brizzante - 5/5
FUORIDALMUCCHIO
Novembre 2009
Carlo Barbagallo degli Albanopower esce in solitaria - e anche un pò in sordina - con un CD-R autoprodotto intitolato "Floppy Disk", un piccolo gioiellino stralunato e decisamente intrigante. Undici tracce un pò Pavement, un pò Flaming Lips prima maniera, un pò inglese dai Beatles a Damon Albarn, con pizzichi di psichedelia d'annata e innesti glitch-pop sparsi qua e là. L'opera di Barbagallo è un concentrato di sonorità a tratti sghembe, composizioni ottime di chitarra, pianoforte e batteria, inserti elettronici, atmosfere apparentemente scanzonata e canzoni pregne e senza grinze. Non molla mai il tiro, "Floppy Disk", in quaranta minuti da ripetersi ad libitum per scoprirne sempre sfaccettature inedite, dallo psychopop fino al folk frastornato e americaneggiante. Uno come Barbagallo, che non si accontenta di uno degli esordi più interessanti dell'anno come "Maria's Day" dei suoi Albanopower e in meno di 365 giorni compone da solo undici canzoni così, fa sicuramente parte di quella specie di individui iperproduttivi e a tratti geniali da tenere sempre a portata d'orecchio. Superficialmente giocherelloni, Carlo Barbagallo e "Floppy Disk" sono da prendersi sul serio.
Marco Manicardi
STORIADELLAMUSICA
Il nuovo sperimentatore autoprodotto nostrano proviene da Siracusa e si chiama (Carlo) Barbagallo. "Floppy Disk" è il suo primo lavoro sulla lunga distanza, che vede la luce nel 2009 dopo una serie di album casalinghi disponibili in download gratuito attraverso la propria netlabel “Barbie Noja Records”. Complessivamente, ad una visione d’insieme, "Floppy Disk" rimanda più o meno direttamente ai primi Pavement, per l’attitudine lo-fi e sghemba, per quanto siano evidenti le influenze soprattutto di Pink Floyd e Neil Young. È possibile, così, assistere al rock che si fa deviato e dalle venature blues e country (“Paper Mirror”, “Spectacle”, “Pale Purple Sky”, “Friday”) o vagamente psichedelico (“Cold Shiver”) nella stridula melodia alla "Sgt. Pepper's" (“The Motion”) o nella marcia dal sapore brit-rock e dal retrogusto retrò (“Yolkrise”). Variazioni prevalentemente elettriche che si alternano a frammenti elettronici (“Motion Reprise”) e rumorosità glitch (“French Road”). Abbastanza personale e non troppo derivativo né tanto meno pretenzioso, "Floppy Disk"” conquista per semplicità ed immediatezza.
Roberto Maniglio - 3.5/5
ONDALTERNATIVA
Carlo Barbagallo, in arte Barbagallo appunto, giovane ragazzo ventenne di origini siciliane. E' stato parte attiva di notevoli progetti e della band Albanopower. L'intraprendenza e una forte capacità espressiva, lo hanno portato a creare una sua etichetta la netlabel “Barbie Noja Records”, dalla quale sono gratuitamente scaricabili i suoi lavori precedenti.
Insolito il titolo dell'album "Floppy disk" ,ricordo di una tecnologia passata, in disuso. Le tracce, un po' come l'appellativo dato al lavoro, sembrano legate ad un passato lo-fi, fortemente pregato di anni '60, dove si sentono anche le influenze dei Pink Floyd e Neil young. L'album è scaricabile dalla piattoforma Bandcamp, un modo nuovo,comodo, utile ed intelligente per usufruire con un semplice click della sua musica. Il lavoro risulta un mix eclettico di generi, piuttosto semplice all'ascolto e quindi di facile impatto sull'ascoltatore. Sperimentale al punto giusto, potrete gustarvi "Cold Shiver" in un momento di insolita euforia quotidiana, "Spectacle" può partecipare ad un istante di riflessione ipnotica con tinte vagamente blues, "French road" potrebbe essere il momento di un dolce scoppiettare di novità appaganti. La curiosità e la sperimentazione in questo album sono molto ben realizzate. Il cantato rigorosamente in inglese, adottato ormai da molti artisti come stile e modo di proporsi. Piacevole, apparentemente semplice e nella profondità complesso. Pensieroso, ipnotico e profondamente intriso di spunti legati a diversi generi. Charles Baudelaire sosteneva: "Per non essere gli straziati martiri del Tempo, ubriacatevi senza posa! Di vino, di poesia o di virtù: come vi pare", io aggiungerei "bevete tanta buona musica" e questo "Floppy disk" potrebbe essere un ingrediente gradito del cocktail che state per assaggiare.
Giulia Vecchioli - 3.5/5
KATHODIK
Carlo Barbagallo è tutto meno che uno sprovveduto alle prime armi. All’età di 24 anni ha già alle spalle una carriera pluridecennale (sì sì, avete letto bene), collaborazioni che vanno da indie band a musiche per film passando per sperimentazioni elettroacustiche e progetti casalinghi vari. Di recente lo abbiamo visto all’opera, tra i vari suoi progetti, con gli Albanopower, ma qui se ne esce in solitaria con un disco idealmente diviso a metà in due lati che mescolano svariate istanze: la psichedelica dei tardi Beatles, il country-blues degli ultimi decenni e le divagazioni elettroniche contemporanee innaffiato di un liquido onirico a bassa fedeltà che avvolge le undici tracce come un velo sottile ma impossibile da squarciare.
La prima metà del disco è aperta dalle chitarre sporche e dal gusto polveroso di Paper Mirror, che ricorda certi episodi dei nostrani Jennifer Gentle. La melodia pianistica di Yolkrise ci introduce a paesaggi crepuscolari che rimirano da lontano i viaggi inaciditi dei Pink Floyd. The Motion è evidentemente debitrice di Sgt. Peppers senza però sembrarne una copia senz’anima. Spectacle vira verso un blues figlio sghembo di Neil Young, prima che Pale Purple Sky inserisca in questa struttura un intrigante mix di banjo e singulti elettronici. Motion Reprise, invece, è una breve suite elettroacustica dilatata e dal sapore robotico che mostra il lato più electro del cantautore di Siracusa.
L’ideale seconda parte del disco, quella forse meglio riuscita, è aperta da Cold Shiver, danza elettro-gitana sempre in salsa psichedelica che ammalia e ipnotizza, con coda affidata ad archi che accompagnano una voce vocoderizzata. Oh Carol! torna in territori blues-psichedelici più tradizionali con un ritmo soporifero che si scuote solo nel finale, quasi lambendo forme post-rock. Friday è sinistra e sottilmente malinconica come i primi inni d’amore di Daniel Johnston rivisto però all’epoca del sintetizzatore. A chiudere il disco i due strumentali Little Island e French Road, che si dilatano delicatamente tra velleità ambient e desideri sinfonici, come se gli Sparklehorse abbandonassero definitivamente la forma pop per approdare a lidi post-ambientali.
Un disco che rivela al mondo le possibilità di questo musicista nemmeno venticinquenne, pienamente a suo agio nello spaziare tra i generi senza scadere qualitativamente. Più deboluccio nella prima parte, dove forse il nostro si mostra un po’ troppo debitore di altri modelli, ma la seconda parte riscatta in pieno le pecche della prima, donandoci un sound che, pur guardando altri lidi, è totalmente personale. Un futuro radioso aspetta il musicista siciliano, stavolta non posso sbagliare.
Marco Pagliariccio - 4.5/5
ITALIANEMBASSY
Da quando la musica, specie indipendente, non è garanzia di entrate economiche -tutt’altro- la sola passione ha aumentato il numero dei side project, delle iniziative in cui gli artisti riversano, da soli o con altri, il materiale prodotto singolarmente al di fuori dell’attività della band principale. Il recente lavoro degli Albanopower, “Maria’s day”, non ha ancora raggiunto il vertice della sua parabola che già il chitarrista Carlo Barbagallo rende pubblico il suo autoprodotto “Floppy disk”.
I floppy sono già il nostro vintage, altroché. E tra –molto- poco lo saranno i cd. I floppy afferiscono a un’epoca in cui il concetto di “indie” non veniva applicato in maniera incontrollata, le registrazioni analogiche erano ancora il cardine e i 33 giri stavano conoscendo il proprio tramonto prima dell’inopinata reviviscenza odierna. Quando low-fi non significava malfatto, e il musicista si dedicava a introiettare ciò che era avvenuto prima per costruire il proprio futuro artistico su basi solide.
“Floppy disk” ha e lascia un’immagine definita, cosa rara al giorno d’oggi, stabilizzandosi attorno a quello che gli psicologi chiamano sentimento oceanico, ovvero le reazioni del nascituro agli stimoli esterni percepiti nel grembo: l’attitudine psycho-floydiana di Little island diventa naturale partner dei tardi Beatles, il recupero del classic american (Neil Young, il country, il blues, le radio rock della costa ovest) in The motion e Pale purple sky non lascia per strada le briciole di discepoli 90s quali Layne Staley, Lanegan, Motorpsycho e Soundgarden, l’alienata improvvisazione French road discende senza forzature dal clima glam fra Brian Eno, Bowie e i King Crimson. E poi inconsapevoli appigli s-cardinati al presente dei Dr.Dog e alla già rimpianta Beta Band (Paper mirror), deviazioni vocali care al Damon Albarn delle colonne sonore (Yolkrise, Spectacle) e una relazione osmotica con le band di appartenenza –oltre agli Albanopower anche Suzanne'Silver, con un disco edito negli USA da Radio Is Down- nel cui limoneto siciliano le voci sono venute alla luce. Ma soprattutto in trasparenza appare Barbagallo, una figura destinata a popolare come un folletto la dimensione onirica, narco-ipnotica, maieutica della ricezione musicale di nostalgici e neofiti digiuni di una mentalità ormai standardizzata: patina gialla e sgranata di un caleidoscopio cubico in super8 dal cui interno alle prime non si può uscire poi nemmeno lo si vuole più, quando le farfalle prendono il sopravvento.
Enrico Veronese
ROCKERILLA
Al siciliano Carlo Barbagallo, chitarra degli Albanopower e Suzanne'Silver, va riconosciuto il merito di essere il primo a proporre in Italia certe sonorità. “Floppy disk” è un buon disco con chiari riferimenti psichedelici (Pink Floyd e l'ultimo periodo dei Beatles), che, uniti ad una produzione analogica e lo-fi, conferiscono quella patina vintage che aggiunge coerenza all'intero lavoro. Si parte con “Paper mirror”, gioiellino di fattura pop dai rimandi lennoniani, poi in seguito il lavoro diventa più sperimentale a tratti lisergico (“Little island”), dissonante e sghembo (“Oh Carol!”) tanto da far ricordare i Gastr del Sol di Camoufleur. E l'accostamento con Dr. Dog viene spontaneo.
Roberto Lucido
(7/10)
BLOWUP
N.136 Settembre 2009 pag.11 - Mogli&Buoi
... Che fare? Ricerca, ascoltare fonti estroverse e spostare le proprie intenzioni: succede spesso a sud, con ... Carlo Barbagallo degli Albanopower pronto all'uscita di sicurezza con canzoni folgoranti a inglobare i tardi Beatles, la psichedelia prog 70s, Damon Albarn solista e schegge di vintage folk ...
Enrico Veronese
N.137 Ottobre 2009 pag.94 - Recensioni Rock&Songs Pop
Carlo Barbagallo degli Albanopower registra in analogico il suo side project lasciando di sè un immagine definita, odierna rara avis: un volo di farfalla tra sentimento oceanico floydiano, pyschopop, narcoipnosi e Vecchia America 70-90. I floppy sono il nostro vintage, tra poco lo saranno i cd
Enrico Veronese - 7/10
RUMORE
N.214 Novembre 2009 pag.13 - Scanner Italia
L'enfant prodige e terribile Carlo Barbagallo ha dalla sua il potere di Albano, quindi il suo Floppy Disk è, 1.44 M di pura sensibilità pop-psichedelica (etimologicamente: anima, psiche e sua manifestazione) giusto un pò più retrò rispetto agli Albanopower. Ogni salto da una traccia all'altra del cd ricrea la stessa sensazione di quando si scorre con le dita i vecchi LP in un negozio di dischi: se ne prende uno in mano, si soffia la polvere e si lascia che l'ispirazione trovi il suo seguito. Unod di quei dischi "minori" che girerà solo tra gli amici e qualche addetto ai lavori in cui alla fine tutti diranno che è davverso un peccato perchè il ragazzo c'ha talento da vendere. Minima immoralia...
Marco Pecorari
HATETV
Siamo tanto bravi a capire che un gruppo è innovativo e intelligente solo quando fa casino e le orecchie ti sanguinano ai concerti - Dead Elephant e Teatro degli Orrori ci piacciono a tutti, è evidente - ma raramente ci soffermiamo sul ben più leggero pop per osservare l'andamento reale della musica italiana. Capita a fagiolo Carlo Barbagallo, per gli amici solo Barbagallo: polistrumentista, eclettico e siciliano (non per forza in questo ordine). É un'entità anomala e le sue canzoni hanno qualcosa di spettrale, esoterico e stordente; non si fanno carpire dal semplice ascolto ma tentano di toccarti senza farsi toccare.
Tentiamo di categorizzarlo: a metà strada fra Samuel Katarro e gli ...A toys orchestra prendendo il meglio di entrambi e stravolgendolo con le delizie di una lucida follia, oppure una Beatrice Antolini al maschile, oppure tutti i Blake/e/e/e rinchiusi in un solo corpo, oppure... Basta! Non è giusto!
Tanto meglio sarebbe avvicinarsi al suo ultimo lavoro Floppy Disk dimenticando volontariamente tutta la musica italiana degli anni 2000, ma entrarando nella testa di Barbagallo c'è da farsi male, e lo spiraglio orticante dato da questo disco ne è la prova. Sin dall'inizio, con Paper Mirror e Yolkrise, emerge dalla musica il biniomo pop-e-psichedelia che accompagnerà costantemente il factotum siciliano. The Motion pare la canzone gioiosa di un Tom Sawyer ubriaco e Spectacle il blues allucinogeno di un Burlamacco; andando avanti il disco viene contagiato da una psichedelia limpida che esplode in limbi acustici come Motion Reprise e Oh Carol!, ma non viene mai a mancare la sensibilità melodica di Barbagallo che arriva al suo massimo in Cold Shiver e Friday. Fra voci distorte e suoni ludici Floppy Disk ci trascina nel suo sentiero sognante che culmina nella monumentale Little Island per poi distendersi in French Road, una conclusione lieve ma contorta di un disco in cui anche la dolcezza è un po' amara e l'amarezza un po' dolce.
Intendiamoci bene, Floppy Disk non è un disco che surclassa tutte le altre uscite del 2009, anzi verrebbe facile da snobbarlo e rifiutarlo per via della sua confusione, ma ad un ascolto approfondito ci si rende conto della notevole portata di Barbagallo e della sua meravigliosa visione, e questa arriva così in profondità da non lasciare indifferenti.
Antonio Garosi
INDIE-ROCK
Di certo, se nello shuffle del tuo iPod noti un brano che ti emoziona senza conoscerne la provenienza, allora vuol dire che ti trovi di fronte a qualcosa di valido e particolare: così è stato per questo disco. La base principale è quella di una buon blues caldo e avvolgente, ma c'è anche folk, psychedelia beatlesiana e in più qualcosa di molto anni '90 più prettamente indie; nessuna novità particolare, intendiamoci, ma il tutto è comunque ben mescolato e ben presentato. Questo piccolo ma prezioso 'Floppy' scorre dolce e tranquillo come una fresca granita in pieno agosto. La qualità di questo disco, nonostante sia un home-recording, rimane su livelli sonori più che accettabili. Le prime due tracce, 'Paper Mirror' e 'Yolkrise', ci fanno subito intuire le capacità compositive di questo giovane autore siciliano che gioca con qualsiasi tipo di strumento che gli capiti a tiro. Con 'Spectacle' le atmosfere si fanno più calde e desertiche: un bel bluesettone con gli attributi. Si riprende il discorso con 'Pale Purple Sky', 'Motion Reprise' e 'Friday' tutti brani che sembrano usciti dagli Abbey Road Studios. L'album si chiude con due pezzi strumentali che consentono a Barbagallo di sperimentare l’uso di suoni più delicati e morbidi.
Fabio Savino - 7/10
TRIPPASHAKE
... Dovessi dargli una collocazione musicale direi sicuramente che si tratta di uno pseudo Beck versione italiana. In effetti le sinergie con il newyorkese ci sono, e come lui, si pesca molto nei suoni anni '70; Pink Floyd primi tempi ma anche melodie alla Beatles molto sdolcinate. Tutto questo quindi fa pensare a Beck! E qui ho detto tutto, in quanto ritengo questo disco estremamente denso di personalità, Carlo è un talentuoso e virtuoso visionario, le sue canzoni vanno avanti ed è quasi imbarrazante pensare che ci siano talenti del genere che passano sconosciuti, chissà se fosse stato americano con una spintina dove sarebbe ora... Per quanto mi riguarda tanto di cappello. The Motion, Cold Shiver e Friday le mie preferite, oltre a tutte le altre chiaramente!
Stefano Ballini
CYCLICDEFROST
Having overdosed on psychedelic rock as a teenager, hearing its return in the hands of Sicilian songwriter Carlo Barbagallo leaves me flat. He plays all the instruments himself and is rather eccentrically skilled as an arranger, and as a warped spatial sound purveyor. To a degree his writing is better than those he imitates: The Beatles, Pink Floyd and King Crimson. Actually, scratch King Crimson – Barbagallo’s wielding of the guitar has a long way to go before reaching the precision and ingenuity of Fripp. The two genuinely surprising tracks on the album are ‘Motion Reprise’ and ‘French Road’. Both feature stripped back guitars and a cyclical sound that wobbles gently through space. They have all the ambiance of the psychedelic, without the uber-cool strutting and psycho-probing lyrics that seek to elicit interpersonal nuance. Overall, if you are seeking a contemporary solo performer of the psychedelic rock mode, this sixth album by Carlo Barbagallo could easily suffice
Innerversitysound
PENWITHRADIOBLOG
Exciting, imaginative, beautiful new album from Barbagallo - Floppy Disk. Wonderful with elements of Kevin Ayers, early Soft Machine. Engaging melody, esoteric elements within a framework of beautifully crafted songs.
NERDSATTACK
Ad un anno di distanza dal precedente ‘The’ ritorna l’iperattivo Carlo Barbagallo. Attraverso la sua netlabel sforna un altro prodotto dal tremendo sapore di un’epoca che non c’è più. Meno stralunato e psichedelico del predecessore, ma ancora chiuso a doppia mandata nello scrigno degli anni ‘60. Quelli pastorali, sperimentali, solo apparantemente a bassa fedeltà. Un mutare di influenze che oggi fanno grandi (anche oltre gli effettivi meriti) cantautori con barbe lunghe e palandrane freak, o anche canuti dall’aspetto ombroso e riflessivo. Barbagallo è siciliano. Membro attivo di una lunga serie di progetti e band stabili (Albanopower il nome più in circolo negli ultimi tempi). Un tuttofare a metà strada tra la concezione homemade e quella ricercata in studio. Sorvolando su una piccola zoppìa nel cantato inglese (ma sono solo episodi isolati), ‘Floppy Disk’ è un viaggio pop a cui nostalgicamente non si può dire di no. Inutile tirar fuori paragoni e influenze a cinque stelle. Chi scrive ha il compito di dover indirizzare all’ascolto solo attraverso piccolo “indizi”, lasciando che sia il fruitore a farsi un’idea, per poi essere in grado di immergersi nella musica a poco a poco ma con le proprie “gambe”. ‘Floppy Disk’ è utilissimo anche sotto questo aspetto. Esportiamo Barbagallo. Converrebbe.
Emanuele Tamagnini - 3.5/5
PIGMAG
N.76 Ottobre 2009
Il chitarrista Carlo Barbagallo (Albanopower), già apprezzato oltreoceano,
è artefice di un carosello di suoni psych-pop, weirdo folk e acid blues d’annata (‘60-’70). Ogni pezzo dell’album è godibile e l’unico piccolo difetto, la pronuncia inglese, diventa trascurabile.
Gaetano Scippa
ILMUCCHIO.NET
Ha solo 25 anni, è di Siracusa, ma ha un talento indiscutibile ed incredibilmente maturo. Mescola Psych Folk, Pop, Barrett, Neil Young e chi più ne ha più ne metta. Il risultato è un disco ispirato e mai banale, con una gran voglia di mettersi in gioco senza strafare.
Raindog
[email protected]
here u'll find a new work of Carlo Barbagallo, Sicilian lo-fi/indie/diy kind magician. he's really strange, placing his talents in the range from old skool independent to artsie contemporary folkish music-to-use-when-u-r-living-yr-way-along. i like his stuff much coz it helps to remember that there's always a place to hide when u'll got frighten of current fallouts and depressive circumstances. his music consists of truth, he's openminded and never will give u pseudogeek eclectic bullshit. Barbagallo much more about music than many suckers, listed as supastarz on this portal. just spare him some time - he'll prove it.
Afrofushi
TELLAROBLOG
As we’re working on our new album, we came across the latest Barbagallo’s album: FLOPPY DISK. Never ever heard a thing like that in the Italian panorama. Please, forgive the artwork . A must buy it, now.
Floppy disks are our vintage, that's a fact. Soon cds will follow too. Before this comes true, grab Carlo Barbagallo's "Floppy Disk", a very talented sicilian musician who is also a member of Albanopower and Suzanne'Silver. If you're sick of the derailed application of the concept of "indie", have a listen to his 11 tracks, to be played as if they were two sides of a vinyl. You're going to find various analogies with both the way and the ethics stemmed from 70's record production added to a low-fi necessity but without the blurred mind of those who deny the past and keep from knowing what has happened afterwards.
Rarely enough, "Floppy Disk" leaves an ultimate image in your mind, hitting the ground around that place psychologists call "ocean feeling", that is the unborn reactions to the outer stimulus they perceive when they are still in the womb. Psycho-Floydish attitude becomes a natural partner to the latest Beatles, as well as a conservation of the american classics (Neil Young, country, blues, west coast rock radios) added to an eye for 90's disciples like Layne Staley, Shawn Smith and Greg Dulli; alienated impros descend smoothly from the glam era written by Brian Eno, Bowie and King Crimson.
Here is an unaware hold on to the present Dr. Dog and the already regretted Beta Band, vocal deviations à la Damon Albarn's soundtracks and an osmotic liaison with Albanopower (another dissociated utopia, if you look at our times) whose lemon tree field has witnessed the birth of the vocal lines.
In translucency you see Barbagallo, a new figure who's intended to populate like elves do our oneiric, narc-hypnotic, maieutic dimension of our musical reception: a cubic super8 kaleidoscope yellow blurred patina from which you cannot escape in first place, then you don't even want to, right when butterflies begin to prevail.
KOMAKINO
I guess that in calling this release Floppy Disk, there's been a some kind of irony more than a recall to a disused tecnology. I mean, will this disc be a flop? Something like that. Of course, as regards komakino'zine, there is no doubt about the successful nature of this disk, - and it proves how Barbagallo is a unique Artist in Italy, an all-round musician (from guitar to drums, piano, organ, banjo, strings, samples, tricche tracche) besides that an inspired song-writer: His Music is like a perfect blend of The Beatles and Zappa's pop psychedelic sung by Mike Patton - but these are just generic coordinates for the reader. His kaleidoscopic tunes are twirling, eclectic, - i.e. Paper Mirror, - hippie and romantic, - or Yolkrise, maybe the more radio-friendly act among the 11 tracks. Then, Cold Shiver, - a real opus, - it explores the altered states of fast and slow adrenaline injections, with unexpected angle shots. The album also features some fugue-like space trips - the sense of oneiric disorientation with Motion (reprise) - and more thoughtful whispered digressions such as Oh Carol!, the carillon and alien frequencies of French Road, - as well the pastoral journey of Little Island, that is over 6 minutes of chatartic rise, begun among the ears of wheat, enwrapping the listener into a tangible multicolour imaginary. Don't miss this release, - it is also available for mp3 purchase (- and as floppy disk, too. Just joking).
Suppongo che nel dare titolo a questo Floppy Disk, ci sia stata dietro una certa ironia più che un richiamo a certa tecnologia informatica in disuso. Mi spiego: questo disco sarà un flop? - Qualcosa del genere. Naturalmente, per quanto riguarda questa fanzine, non v'è dubbio riguardo la qualitativa natura di questo album, - anzi, prova quanto Barbagallo sia un Artista unico in Italia, polistrumentista (dalla chitarra alla batteria, piano, organo, banjo, sample, tricche tracche) oltre che un'ispirato arrangiatore di canzoni: la Sua Musica mi pare un perfetto dosaggio della psichedelia pop di Beatles e Zappa, cantata da Mike Patton - ma queste sono solo coordinate generiche per il lettore.
Le sue melodie caleidoscopiche sono piroette, naturalmente eclettiche, - come Paper Mirror, hippie e romantica, - o Yolkrise, forse il momento più radio-friendly fra le 11 tracce. Poi Cold Shiver, un vero gioiellino, - esplora gli stati alterati del veloce contro il lento a seguito di iniezioni di adrenalina, con inaspettate angolazioni. L'album ha anche delle fughe spaziali, - come con il disorientamento onirico in Motion (reprise), e le più riflessive e sussurrate digressioni di Oh Carol!, i carillion e le frequenze aliene di French Road, nonchè il viaggio pastorale di Little Island, ovvero oltre 6 minuti di crescita catartica, iniziata fra le spighe di grano, che avvolgono l'ascoltatore in un tangibile immaginario multicolore.
Non perdeteVi questo disco, - è anche disponibile per l'acquisto degli mp3, nonchè su vinile (- e floppy disk, - no scherzo).
BEATBOPALULA
Ci si perde alzando il tiro delle proposte? Nel caso di Barbagallo non si direbbe, anzi siamo al cospetto di un evoluto pop, isoscele e delirante, avventuroso nel riscaldare miscele raffreddate d’acume acidoso seventies a tutto tondo. Potrebbero essere le tracce di Sid Barrett lasciate fuori da “The madcap laughs” quelle contenute in Floppy Disk, figlio diretto di quel “The” che un anno fa diede avvio alla non convenzionale carriera di questo “folle ingegno” made in Sicilia. Già da considerare una delle figure cardine della nuova scena underground, Barbagallo – per le sue intricate connessioni con traiettorie stilistiche che abbracciano Beck, Floydianità trasversali e tenerumi Beatlesiani – torna alle radici della psichedelìa in un’ottica “scollegante”, mutante; tra sperimentalismi cosmique di Motion Reprise, Little Island e French Road”, piccole estasi Lennoniane come in Yolkrise, capricci alcoolici folk in The Motion, Oh Carol!, chitarre e fiati svogliatamente beat di Paper Mirror e Cold Shiver, il disco, o meglio il floppy disk immaginario, va diretto al cervello dell’indifeso ascoltatore assemblando via via una disarmonica armonia azzeccatissima. Questi piccoli dettagli possono da soli bastare per far scattare la molla di andare a reperire questo buon prodotto ovunque. Se poi ci si sofferma sul cantato in inglese come se provenisse da un retrobottega di un wine-store, allora il ciclo dell’impeccabilità totale è completo. Mentre passa Spectacle, ballata dinoccolata, strisciante di slide e contrappunti d’archi, la sensazione di aver ascoltato “qualcosa d’altro” è forte e il gusto di aver assaggiato un disco che fonda la sua struttura sulla destrutturazione della psichedelìa fa venire “voglie incontrastabili di repeat forsennato”. Incantevole in surplus se vi lasciate come finale Friday prima di decollare da dove vi trovate.
Massimo Sannella
INDIE-EYE
“Floppy Disk”, esordio sulla lunga distanza del siciliano Barbagallo, già con i Suzanne’ Silver e ora leader degli ottimi Albanopower, è il primo passo di una promettente carriera, tra i migliori dischi di questo 2009 pubblicati in Italia…
Il floppy disk è già finito nel dimenticatoio, soppiantato da supporti ben più evoluti. “Floppy Disk”, esordio sulla lunga distanza del siciliano Barbagallo, già con i Suzanne’ Silver e ora leader degli ottimi Albanopower, merita invece un posto nella memoria. Sia perché ci spinge a considerarlo come il primo passo di una promettente carriera, ma anche perché già oggi può essere annoverato tra i migliori dischi di questo 2009 in Italia. Il giovane siracusano (solo 25 anni) dimostra infatti lungo le 11 tracce contenute nel disco una maturità ed una cultura musicale quasi sbalorditive, specialmente nel panorama italiano, spesso ridotto a copia di ciò che avviene l’anno prima oltreoceano o oltremanica. Il risultato sono 40 minuti che giocano con il pop, sporcandolo di psichedelia, folk e sperimentazioni di vario genere. L’influenza maggiore può essere rintracciata nel genio visionario di Syd Barrett, il cui fantasma aleggia su buona parte dei brani, dove la melodia si incontra e si sposa perfettamente con dei lampi acidi e freak. L’esempio migliore è l’accoppiata finale, composta da 2 brani concatenati: il primo, “Little Island”, ci porta in territori pop aciduli e quasi blues; il secondo, “French Road”, ne rappresenta la coda, ripetitiva e quasi inquietante, che ci trascina per quasi quattro minuti in lande lisergiche. Ogni brano ha comunque qualche segreto da rivelarci, con passaggi o momenti melodici di assoluta qualità. “Yolkrise” è puro pop beatlesiano; “The Motion” mescola country rock alla Neil Young con le moderne stramberie weird-folk di Devendra Banhart e soci; “Pale Purple Sky” sembra una versione sghemba delle ballate dei Wilco; “Cold Shiver” è invece un riuscito tentativo di far deviare melodie indie-pop a base di synth verso lidi psichedelico-orientali (provare per credere). In pratica, una vera e propria festa per chi cerca ascolti coinvolgenti e non banali, in equilibrio tra passato e futuro.
Fabio Pozzi
ROCKIT
Sei incostante. Mi alterni melodie soavi a drammi psichedelici profondi. Poi mi prendi mi coccoli e mi stendi su una moquette anni novanta, invecchiata da uno strato di polvere in cui ci rotoliamo starnutendo per ore. Poi mi alzi, mi guardi e mi dici. Chi sei? Potrei fare la stessa domanda io a te. Così non ci badiamo. Ci rivestiamo. Ci rispogliamo. Ci bestemmiamo e ci baciamo. Siamo incostanti. Confusi distratti. Così alterniamo i sorrisi ai lamenti e ci diciamo poesie d'amore digrignando i denti.
"Floppy Disk" è un magnifico album incostante. Ovvero forme e colori che si condensano in modo eclettico e sempre nuovo. Un album maledettamente retrò, con un tremendo appiglio vintage che sfodera echi profondi e tradizioni lontane. Corde slabbrate e strutture psichedeliche caldamente blues. Come se la Siracusa più assolata ospitasse per un giorno un meeting sulla classic music americana, costringendo per ore Neil Young, Frank Zappa e i Jefferson Airplane (centuplicati) a stare stretti stretti in un teatro greco suonando a random, sull'arena bollente, frammenti country blues e radio rock.
È così che Barbagallo (già con gli Albanopower e i Suzanne'Silver) darebbe vita a questo suo secondo lavoro, un magnifico concentrato di strutture dissociate ed incastrate come Lego ineguali di uno stesso edificio. Dalle atmosfere hippie di "Paper Mirror" alle moine glamour della bellissima "Pale Purple Sky", Carlo Barbagallo si sbizzarrisce in un lavoro di attitudine lo-fi inflessa alle più svariate storpiature acustiche. E ciò che già si era avveritito in "The" (2008), con i lamenti minimali ed i suoni di un ditale sdraiato su morbide chitarre hendrixiane, viene ora esplicitato in modo più compatto e maturo, più ricercato e soprattutto supportato nel complesso da un prodotto più definito.
Stridulii e lamenti si lasciano così addomesticare in un suono caldo e ringhioso, a tratti graffiante a tratti squisitamente corposo e addolcito, stendendo anche le distorsioni più sporche su sottili melodie fatte di pop, di fischiettii, di tasti di pianoforte e briciole di elettronica decorativa.
Un album che d'altronde si infarcisce la bocca di citazioni fino a sbrodolarle tanta è l'abbondanza con cui ci si ingozza: dalle ballate dei Wilco alle follie strumentali di Beck alle atmosfere tipicamente floydiane. E tuttavia, spremuti gli agrumi, quello che vien fuori è un succo denso e personalissimo, a tratti squisitamente acre a tratti dolce e rinfrescante. Un piccolo gioiello sperimentale da possedere.
Alex Urso
SALTINARIA
Carlo Barbagallo, artista poliedricamente contaminato, presenta il suo indelebile "Floppy Disk". Okkei, qui c'è un genio. Poco da aggiungere al lavoro di un artista così maturo nonostante i suoi 25 anni. Semmai il mio è un pietoso tentativo di descriverlo, di abbracciarlo tutto, pur sapendo che è impossibile. Il fegato di quest'anima musicale è sano e vasto come quello di uno squalo. Digerisce tutto. Carlo Barbagallo ha assimilato i Beatles e Lucio Dalla, David Bowie e i Supertramp, il carillon e i rumori della bicicletta (per cui scrive delle "quasi partiture" per campanelli e orchestra). Un vulcano di idee, un crogiolo e una forgia, con un unico difetto: è poco cantabile. Lavora molto per se stesso e poco per il pubblico. Quasi perfetto (se nel pubblico non ci fossi anch'io), quasi solo: chi può seguirlo in questa meravigliosa giungla di suoni? Più di ogni altro mi ricorda Beck di Guero, libero di accopiare ogni strumento a qualunque altro e libero di fare arrangiamenti che sanno di blues, folk, minimalismo, IDM, ironia frankzappiana e spessore culturale. Così, lo ascolti e ti sembra di sentire il mare, John Lennon, fragore, candore, sinfonia e filastrocca. E fa tutto da sè: suoni, canti e arrangiamenti. Il gruppo gli sta stretto. E poi le sonorità di questo "Floppy disk" sono troppo larghe, troppo contaminate per affidarle ad un tipico gruppetto. Una voce che sa di nebbia e metallo, che ricorda i Blur. Preziosi intarsi folk di banjo e campagna, ruggine e cascina. Un cowboy elettronico, un bandito senza gang in fuga per il midwest, una luce laser in un impianto scenico di candele a cera.
Irrequieto, strafottente, ipnotico, orchestrale, sapiente. Un inventore di gran razza.
E adesso basta sennò mi viene l'invidia.
Josè Leaci - 7.8/10
SENTIREASCOLTARE
...Barbagallo, sempre più estroso e autorevole, denso ma imprendibile...
Detto dell'eclettico pedigree di questo under 25 siracusano nella recensione del precedente The EP, veniamo al qui presente debutto lungo che scompiglia le carte in tavola ispessendo la vena psych nella quale scorre un estro sempre più denso e frizzantello. Qualcosa che - in un patetico tentativo di farvi capire - ti aspetteresti da una jam non propriamente sobria eppure lucida cui partecipassero Damon Albarn, Syd Barrett, il caro Richard Swift, il smepiterno John Lennon, lo sfuggente quanto amabile M. Ward e - last but not least - quel bel tipino di Morgan. Rock acidulo, mollezze blues, pop erratico (vedi soprattutto l'ipnosi agra di Spectacle), fanno di questo album un carosello "flessibile" e accorato di situazioni freak, fermo restando uno stile che lambisce l'istrionismo pur obbedendo all'ansia sperimentatrice. Estroso dunque, umbratile, caldo, febbrile, misteriosamente autorevole: lo diresti il fratello maggiore dei più zuzzurelloni Jennifer Gentle spuntato da una piega ignota dello spaziotempo a miracol mostrare. Cos'altro aggiungere... Evviva?
Stefano Solventi - 7.2/10
LOSING TODAY/NONGUARDOLATV
Barbagallo (per gli amici Carlo) è una splendida nuova realtà nel panorama musicale sviluppatasi sull’asse Catania-Siracusa. In Floppy Disk c’ha messo dentro tutto: un blues spennato, un folk acido alla Syd Barret, country de noiantri, rock’n'roll a fiumi, e qualche retro-gusto di post-rock che ci sta sempre bene, soprattutto per uno come lui che con il progetto Suzanne'Silver ha subito il battesimo a cura della famiglia Tilotta (aka Uzeda) e si è meritato un disco uscito negli USA e un tour nella west coast (e scusate se è poco). Ma Barbagallo così uscito dai ranghi, da solo mette insieme un circo che chi se lo poteva aspettare? anzi, chi se lo può permettere in questi tempi di crisi? Uno di quei dischi che girarà solo tra gli amici e tutti penseranno che è davvero un peccato, e che il ragazzo c’ha talento da vendere. Ci sono pezzi scoppiettanti come "Cold shiver", tra Stereolab e Robert Wyatt (la butto lì), tutto up tempo e con ghirigori tutto attorno. “Yolkrise” è la ballata da Wilco o Elliott Smith, ma parecchio post-moderna, doppie voci ad incrocio, un pianoforte trascinatore. E l’impressione ad ogni salto da una traccia all’altra è la stessa di quando si scorre con le dita tra vecchi LP in un negozio di dischi: se ne prende uno in mano, si soffia via la polvere e si lascia che l’isparazione trovi il suo seguito. Il minimalismo blues di “Spectacle” è da cupo pianobar fumoso (in un mondo perfetto). L’ascendente anni ‘70 è innegabile, ma la sostanza va oltre i richiami, che in alcune parti sono anche un po’ confusi. Bella prova per Barbagallo, un contributo al limite con l’anacronismo. Il disco è uscito in poche copie in versione CD, ma si trova da scaricare sulla piattaforma Bandcamp, ottimo trampolino di lancio per band emergenti.
Idna aka Andrea Firrincieli
INDIEFORBUNNIES
L’onesto recensore ogni tanto deve saper ammettere che alcuni dischi vanno ascoltati con una cultura musicale alle spalle che non possiede. Alzo la mano. Il cantautore siciliano Carlo Barbagallo mette sinceramente in difficoltà, ma piuttosto che lamentarmi preferisco trovare le parole per descrivere un lavoro immenso nella sua completezza ed originalità, un disco che tocca i più diversi meandri del blues, del pop, del rock, della psichedelia, con sperimentazioni al di là degli schemi che ormai ingabbiano anche chi fa prog o musica d’avanguardia. Molto spesso, perlomeno. “Floppy Disk” esce dalla mente di uno dei musicisti più eclettici che mi sia capitato di ascoltare. Dalla sua biografia si apprende la sua abilità con molti strumenti, ma anche che ha solo 25 anni. Non è questo che scopriamo in un CD influenzato dai Beatles (per questo fari puntati su “Paper Mirror” e “Friday”) e dal brit-rock meno ostentato (è il caso dell’unico pezzo orecchiabile, “Yolkrise”), con chitarre di buona ispirazione anni ‘60 – ‘70 (i primi Pink Floyd o i lavori solisti di Barrett e Zappa), piano e tastiere allucinate, musica raffinata. Ricordi di Genesis e dei più recenti Motorpsycho, quando anche loro superano le vie più “alternative” per raggiungere quello stato quasi comatoso, riflessivo, che con le venature psichedeliche tra arpeggi e synth ti sa far immaginare di essere chissà dove, sorvolando chissà quale posto incantato. Evocativo, il termine giusto (soprattutto per un pezzo come “Spectacle”, che in alcuni tratti fonde i Radiohead di “OK Computer” alle atmosfere di “Animals”, di quei bravi ragazzi di Waters& co. che ho già citato prima). Sono anche i titoli a farti capire che si cerca una certa comunicatività, come “Pale Purple Sky”, e la successiva, in ordine, “Motion Reprise”, un viaggio noise senza pretese. Si ritorna sulle frequenze radio (se qualcuno ha visto I Love Radio Rock) con “Cold Shiver”, apprezzabile in particolare per l’inserimento, tanto azzeccato quanto inaspettato, di un vortice di archi e suoni sintetizzati dalle arie piuttosto “classicheggianti”, e controtempi di batteria praticamente irriproducibili. Ed è musica da sonorizzazione di film muto in “Little Island”, un elemento su cui spero questo artista si voglia cimentare in futuro perché ha potenzialità per creare accompagnamenti davvero degni a scene di inimmaginabile teatralità (l’LSD non serve quando circola questa roba, sul serio). Un album davvero caleidoscopico, quasi un’opera dimostrativa di come la cultura musicale ti possa portare, anche con poca esperienza (senza sminuire il buon Carlo), a produrre dei gioielli di raro splendore, ed il valore artistico di questo disco, già riconosciuto da recensori ed ascoltatori un po’ ovunque, dovrebbe avere la possibilità di viaggiare oltre i meandri di internet. Ma si sa, dissotterrare la musica migliore dalla fossa in cui l’hanno conficcata i discografici del 2000 è impresa da pochi. Ma per Barbagallo, ci metterei la firma. Ascoltatelo, ne vale veramente la pena.
Emanuele Brizzante - 5/5
FUORIDALMUCCHIO
Novembre 2009
Carlo Barbagallo degli Albanopower esce in solitaria - e anche un pò in sordina - con un CD-R autoprodotto intitolato "Floppy Disk", un piccolo gioiellino stralunato e decisamente intrigante. Undici tracce un pò Pavement, un pò Flaming Lips prima maniera, un pò inglese dai Beatles a Damon Albarn, con pizzichi di psichedelia d'annata e innesti glitch-pop sparsi qua e là. L'opera di Barbagallo è un concentrato di sonorità a tratti sghembe, composizioni ottime di chitarra, pianoforte e batteria, inserti elettronici, atmosfere apparentemente scanzonata e canzoni pregne e senza grinze. Non molla mai il tiro, "Floppy Disk", in quaranta minuti da ripetersi ad libitum per scoprirne sempre sfaccettature inedite, dallo psychopop fino al folk frastornato e americaneggiante. Uno come Barbagallo, che non si accontenta di uno degli esordi più interessanti dell'anno come "Maria's Day" dei suoi Albanopower e in meno di 365 giorni compone da solo undici canzoni così, fa sicuramente parte di quella specie di individui iperproduttivi e a tratti geniali da tenere sempre a portata d'orecchio. Superficialmente giocherelloni, Carlo Barbagallo e "Floppy Disk" sono da prendersi sul serio.
Marco Manicardi
STORIADELLAMUSICA
Il nuovo sperimentatore autoprodotto nostrano proviene da Siracusa e si chiama (Carlo) Barbagallo. "Floppy Disk" è il suo primo lavoro sulla lunga distanza, che vede la luce nel 2009 dopo una serie di album casalinghi disponibili in download gratuito attraverso la propria netlabel “Barbie Noja Records”. Complessivamente, ad una visione d’insieme, "Floppy Disk" rimanda più o meno direttamente ai primi Pavement, per l’attitudine lo-fi e sghemba, per quanto siano evidenti le influenze soprattutto di Pink Floyd e Neil Young. È possibile, così, assistere al rock che si fa deviato e dalle venature blues e country (“Paper Mirror”, “Spectacle”, “Pale Purple Sky”, “Friday”) o vagamente psichedelico (“Cold Shiver”) nella stridula melodia alla "Sgt. Pepper's" (“The Motion”) o nella marcia dal sapore brit-rock e dal retrogusto retrò (“Yolkrise”). Variazioni prevalentemente elettriche che si alternano a frammenti elettronici (“Motion Reprise”) e rumorosità glitch (“French Road”). Abbastanza personale e non troppo derivativo né tanto meno pretenzioso, "Floppy Disk"” conquista per semplicità ed immediatezza.
Roberto Maniglio - 3.5/5
ONDALTERNATIVA
Carlo Barbagallo, in arte Barbagallo appunto, giovane ragazzo ventenne di origini siciliane. E' stato parte attiva di notevoli progetti e della band Albanopower. L'intraprendenza e una forte capacità espressiva, lo hanno portato a creare una sua etichetta la netlabel “Barbie Noja Records”, dalla quale sono gratuitamente scaricabili i suoi lavori precedenti.
Insolito il titolo dell'album "Floppy disk" ,ricordo di una tecnologia passata, in disuso. Le tracce, un po' come l'appellativo dato al lavoro, sembrano legate ad un passato lo-fi, fortemente pregato di anni '60, dove si sentono anche le influenze dei Pink Floyd e Neil young. L'album è scaricabile dalla piattoforma Bandcamp, un modo nuovo,comodo, utile ed intelligente per usufruire con un semplice click della sua musica. Il lavoro risulta un mix eclettico di generi, piuttosto semplice all'ascolto e quindi di facile impatto sull'ascoltatore. Sperimentale al punto giusto, potrete gustarvi "Cold Shiver" in un momento di insolita euforia quotidiana, "Spectacle" può partecipare ad un istante di riflessione ipnotica con tinte vagamente blues, "French road" potrebbe essere il momento di un dolce scoppiettare di novità appaganti. La curiosità e la sperimentazione in questo album sono molto ben realizzate. Il cantato rigorosamente in inglese, adottato ormai da molti artisti come stile e modo di proporsi. Piacevole, apparentemente semplice e nella profondità complesso. Pensieroso, ipnotico e profondamente intriso di spunti legati a diversi generi. Charles Baudelaire sosteneva: "Per non essere gli straziati martiri del Tempo, ubriacatevi senza posa! Di vino, di poesia o di virtù: come vi pare", io aggiungerei "bevete tanta buona musica" e questo "Floppy disk" potrebbe essere un ingrediente gradito del cocktail che state per assaggiare.
Giulia Vecchioli - 3.5/5
KATHODIK
Carlo Barbagallo è tutto meno che uno sprovveduto alle prime armi. All’età di 24 anni ha già alle spalle una carriera pluridecennale (sì sì, avete letto bene), collaborazioni che vanno da indie band a musiche per film passando per sperimentazioni elettroacustiche e progetti casalinghi vari. Di recente lo abbiamo visto all’opera, tra i vari suoi progetti, con gli Albanopower, ma qui se ne esce in solitaria con un disco idealmente diviso a metà in due lati che mescolano svariate istanze: la psichedelica dei tardi Beatles, il country-blues degli ultimi decenni e le divagazioni elettroniche contemporanee innaffiato di un liquido onirico a bassa fedeltà che avvolge le undici tracce come un velo sottile ma impossibile da squarciare.
La prima metà del disco è aperta dalle chitarre sporche e dal gusto polveroso di Paper Mirror, che ricorda certi episodi dei nostrani Jennifer Gentle. La melodia pianistica di Yolkrise ci introduce a paesaggi crepuscolari che rimirano da lontano i viaggi inaciditi dei Pink Floyd. The Motion è evidentemente debitrice di Sgt. Peppers senza però sembrarne una copia senz’anima. Spectacle vira verso un blues figlio sghembo di Neil Young, prima che Pale Purple Sky inserisca in questa struttura un intrigante mix di banjo e singulti elettronici. Motion Reprise, invece, è una breve suite elettroacustica dilatata e dal sapore robotico che mostra il lato più electro del cantautore di Siracusa.
L’ideale seconda parte del disco, quella forse meglio riuscita, è aperta da Cold Shiver, danza elettro-gitana sempre in salsa psichedelica che ammalia e ipnotizza, con coda affidata ad archi che accompagnano una voce vocoderizzata. Oh Carol! torna in territori blues-psichedelici più tradizionali con un ritmo soporifero che si scuote solo nel finale, quasi lambendo forme post-rock. Friday è sinistra e sottilmente malinconica come i primi inni d’amore di Daniel Johnston rivisto però all’epoca del sintetizzatore. A chiudere il disco i due strumentali Little Island e French Road, che si dilatano delicatamente tra velleità ambient e desideri sinfonici, come se gli Sparklehorse abbandonassero definitivamente la forma pop per approdare a lidi post-ambientali.
Un disco che rivela al mondo le possibilità di questo musicista nemmeno venticinquenne, pienamente a suo agio nello spaziare tra i generi senza scadere qualitativamente. Più deboluccio nella prima parte, dove forse il nostro si mostra un po’ troppo debitore di altri modelli, ma la seconda parte riscatta in pieno le pecche della prima, donandoci un sound che, pur guardando altri lidi, è totalmente personale. Un futuro radioso aspetta il musicista siciliano, stavolta non posso sbagliare.
Marco Pagliariccio - 4.5/5
ITALIANEMBASSY
Da quando la musica, specie indipendente, non è garanzia di entrate economiche -tutt’altro- la sola passione ha aumentato il numero dei side project, delle iniziative in cui gli artisti riversano, da soli o con altri, il materiale prodotto singolarmente al di fuori dell’attività della band principale. Il recente lavoro degli Albanopower, “Maria’s day”, non ha ancora raggiunto il vertice della sua parabola che già il chitarrista Carlo Barbagallo rende pubblico il suo autoprodotto “Floppy disk”.
I floppy sono già il nostro vintage, altroché. E tra –molto- poco lo saranno i cd. I floppy afferiscono a un’epoca in cui il concetto di “indie” non veniva applicato in maniera incontrollata, le registrazioni analogiche erano ancora il cardine e i 33 giri stavano conoscendo il proprio tramonto prima dell’inopinata reviviscenza odierna. Quando low-fi non significava malfatto, e il musicista si dedicava a introiettare ciò che era avvenuto prima per costruire il proprio futuro artistico su basi solide.
“Floppy disk” ha e lascia un’immagine definita, cosa rara al giorno d’oggi, stabilizzandosi attorno a quello che gli psicologi chiamano sentimento oceanico, ovvero le reazioni del nascituro agli stimoli esterni percepiti nel grembo: l’attitudine psycho-floydiana di Little island diventa naturale partner dei tardi Beatles, il recupero del classic american (Neil Young, il country, il blues, le radio rock della costa ovest) in The motion e Pale purple sky non lascia per strada le briciole di discepoli 90s quali Layne Staley, Lanegan, Motorpsycho e Soundgarden, l’alienata improvvisazione French road discende senza forzature dal clima glam fra Brian Eno, Bowie e i King Crimson. E poi inconsapevoli appigli s-cardinati al presente dei Dr.Dog e alla già rimpianta Beta Band (Paper mirror), deviazioni vocali care al Damon Albarn delle colonne sonore (Yolkrise, Spectacle) e una relazione osmotica con le band di appartenenza –oltre agli Albanopower anche Suzanne'Silver, con un disco edito negli USA da Radio Is Down- nel cui limoneto siciliano le voci sono venute alla luce. Ma soprattutto in trasparenza appare Barbagallo, una figura destinata a popolare come un folletto la dimensione onirica, narco-ipnotica, maieutica della ricezione musicale di nostalgici e neofiti digiuni di una mentalità ormai standardizzata: patina gialla e sgranata di un caleidoscopio cubico in super8 dal cui interno alle prime non si può uscire poi nemmeno lo si vuole più, quando le farfalle prendono il sopravvento.
Enrico Veronese
ROCKERILLA
Al siciliano Carlo Barbagallo, chitarra degli Albanopower e Suzanne'Silver, va riconosciuto il merito di essere il primo a proporre in Italia certe sonorità. “Floppy disk” è un buon disco con chiari riferimenti psichedelici (Pink Floyd e l'ultimo periodo dei Beatles), che, uniti ad una produzione analogica e lo-fi, conferiscono quella patina vintage che aggiunge coerenza all'intero lavoro. Si parte con “Paper mirror”, gioiellino di fattura pop dai rimandi lennoniani, poi in seguito il lavoro diventa più sperimentale a tratti lisergico (“Little island”), dissonante e sghembo (“Oh Carol!”) tanto da far ricordare i Gastr del Sol di Camoufleur. E l'accostamento con Dr. Dog viene spontaneo.
Roberto Lucido
(7/10)
BLOWUP
N.136 Settembre 2009 pag.11 - Mogli&Buoi
... Che fare? Ricerca, ascoltare fonti estroverse e spostare le proprie intenzioni: succede spesso a sud, con ... Carlo Barbagallo degli Albanopower pronto all'uscita di sicurezza con canzoni folgoranti a inglobare i tardi Beatles, la psichedelia prog 70s, Damon Albarn solista e schegge di vintage folk ...
Enrico Veronese
N.137 Ottobre 2009 pag.94 - Recensioni Rock&Songs Pop
Carlo Barbagallo degli Albanopower registra in analogico il suo side project lasciando di sè un immagine definita, odierna rara avis: un volo di farfalla tra sentimento oceanico floydiano, pyschopop, narcoipnosi e Vecchia America 70-90. I floppy sono il nostro vintage, tra poco lo saranno i cd
Enrico Veronese - 7/10
RUMORE
N.214 Novembre 2009 pag.13 - Scanner Italia
L'enfant prodige e terribile Carlo Barbagallo ha dalla sua il potere di Albano, quindi il suo Floppy Disk è, 1.44 M di pura sensibilità pop-psichedelica (etimologicamente: anima, psiche e sua manifestazione) giusto un pò più retrò rispetto agli Albanopower. Ogni salto da una traccia all'altra del cd ricrea la stessa sensazione di quando si scorre con le dita i vecchi LP in un negozio di dischi: se ne prende uno in mano, si soffia la polvere e si lascia che l'ispirazione trovi il suo seguito. Unod di quei dischi "minori" che girerà solo tra gli amici e qualche addetto ai lavori in cui alla fine tutti diranno che è davverso un peccato perchè il ragazzo c'ha talento da vendere. Minima immoralia...
Marco Pecorari
HATETV
Siamo tanto bravi a capire che un gruppo è innovativo e intelligente solo quando fa casino e le orecchie ti sanguinano ai concerti - Dead Elephant e Teatro degli Orrori ci piacciono a tutti, è evidente - ma raramente ci soffermiamo sul ben più leggero pop per osservare l'andamento reale della musica italiana. Capita a fagiolo Carlo Barbagallo, per gli amici solo Barbagallo: polistrumentista, eclettico e siciliano (non per forza in questo ordine). É un'entità anomala e le sue canzoni hanno qualcosa di spettrale, esoterico e stordente; non si fanno carpire dal semplice ascolto ma tentano di toccarti senza farsi toccare.
Tentiamo di categorizzarlo: a metà strada fra Samuel Katarro e gli ...A toys orchestra prendendo il meglio di entrambi e stravolgendolo con le delizie di una lucida follia, oppure una Beatrice Antolini al maschile, oppure tutti i Blake/e/e/e rinchiusi in un solo corpo, oppure... Basta! Non è giusto!
Tanto meglio sarebbe avvicinarsi al suo ultimo lavoro Floppy Disk dimenticando volontariamente tutta la musica italiana degli anni 2000, ma entrarando nella testa di Barbagallo c'è da farsi male, e lo spiraglio orticante dato da questo disco ne è la prova. Sin dall'inizio, con Paper Mirror e Yolkrise, emerge dalla musica il biniomo pop-e-psichedelia che accompagnerà costantemente il factotum siciliano. The Motion pare la canzone gioiosa di un Tom Sawyer ubriaco e Spectacle il blues allucinogeno di un Burlamacco; andando avanti il disco viene contagiato da una psichedelia limpida che esplode in limbi acustici come Motion Reprise e Oh Carol!, ma non viene mai a mancare la sensibilità melodica di Barbagallo che arriva al suo massimo in Cold Shiver e Friday. Fra voci distorte e suoni ludici Floppy Disk ci trascina nel suo sentiero sognante che culmina nella monumentale Little Island per poi distendersi in French Road, una conclusione lieve ma contorta di un disco in cui anche la dolcezza è un po' amara e l'amarezza un po' dolce.
Intendiamoci bene, Floppy Disk non è un disco che surclassa tutte le altre uscite del 2009, anzi verrebbe facile da snobbarlo e rifiutarlo per via della sua confusione, ma ad un ascolto approfondito ci si rende conto della notevole portata di Barbagallo e della sua meravigliosa visione, e questa arriva così in profondità da non lasciare indifferenti.
Antonio Garosi
INDIE-ROCK
Di certo, se nello shuffle del tuo iPod noti un brano che ti emoziona senza conoscerne la provenienza, allora vuol dire che ti trovi di fronte a qualcosa di valido e particolare: così è stato per questo disco. La base principale è quella di una buon blues caldo e avvolgente, ma c'è anche folk, psychedelia beatlesiana e in più qualcosa di molto anni '90 più prettamente indie; nessuna novità particolare, intendiamoci, ma il tutto è comunque ben mescolato e ben presentato. Questo piccolo ma prezioso 'Floppy' scorre dolce e tranquillo come una fresca granita in pieno agosto. La qualità di questo disco, nonostante sia un home-recording, rimane su livelli sonori più che accettabili. Le prime due tracce, 'Paper Mirror' e 'Yolkrise', ci fanno subito intuire le capacità compositive di questo giovane autore siciliano che gioca con qualsiasi tipo di strumento che gli capiti a tiro. Con 'Spectacle' le atmosfere si fanno più calde e desertiche: un bel bluesettone con gli attributi. Si riprende il discorso con 'Pale Purple Sky', 'Motion Reprise' e 'Friday' tutti brani che sembrano usciti dagli Abbey Road Studios. L'album si chiude con due pezzi strumentali che consentono a Barbagallo di sperimentare l’uso di suoni più delicati e morbidi.
Fabio Savino - 7/10
TRIPPASHAKE
... Dovessi dargli una collocazione musicale direi sicuramente che si tratta di uno pseudo Beck versione italiana. In effetti le sinergie con il newyorkese ci sono, e come lui, si pesca molto nei suoni anni '70; Pink Floyd primi tempi ma anche melodie alla Beatles molto sdolcinate. Tutto questo quindi fa pensare a Beck! E qui ho detto tutto, in quanto ritengo questo disco estremamente denso di personalità, Carlo è un talentuoso e virtuoso visionario, le sue canzoni vanno avanti ed è quasi imbarrazante pensare che ci siano talenti del genere che passano sconosciuti, chissà se fosse stato americano con una spintina dove sarebbe ora... Per quanto mi riguarda tanto di cappello. The Motion, Cold Shiver e Friday le mie preferite, oltre a tutte le altre chiaramente!
Stefano Ballini
CYCLICDEFROST
Having overdosed on psychedelic rock as a teenager, hearing its return in the hands of Sicilian songwriter Carlo Barbagallo leaves me flat. He plays all the instruments himself and is rather eccentrically skilled as an arranger, and as a warped spatial sound purveyor. To a degree his writing is better than those he imitates: The Beatles, Pink Floyd and King Crimson. Actually, scratch King Crimson – Barbagallo’s wielding of the guitar has a long way to go before reaching the precision and ingenuity of Fripp. The two genuinely surprising tracks on the album are ‘Motion Reprise’ and ‘French Road’. Both feature stripped back guitars and a cyclical sound that wobbles gently through space. They have all the ambiance of the psychedelic, without the uber-cool strutting and psycho-probing lyrics that seek to elicit interpersonal nuance. Overall, if you are seeking a contemporary solo performer of the psychedelic rock mode, this sixth album by Carlo Barbagallo could easily suffice
Innerversitysound
PENWITHRADIOBLOG
Exciting, imaginative, beautiful new album from Barbagallo - Floppy Disk. Wonderful with elements of Kevin Ayers, early Soft Machine. Engaging melody, esoteric elements within a framework of beautifully crafted songs.
NERDSATTACK
Ad un anno di distanza dal precedente ‘The’ ritorna l’iperattivo Carlo Barbagallo. Attraverso la sua netlabel sforna un altro prodotto dal tremendo sapore di un’epoca che non c’è più. Meno stralunato e psichedelico del predecessore, ma ancora chiuso a doppia mandata nello scrigno degli anni ‘60. Quelli pastorali, sperimentali, solo apparantemente a bassa fedeltà. Un mutare di influenze che oggi fanno grandi (anche oltre gli effettivi meriti) cantautori con barbe lunghe e palandrane freak, o anche canuti dall’aspetto ombroso e riflessivo. Barbagallo è siciliano. Membro attivo di una lunga serie di progetti e band stabili (Albanopower il nome più in circolo negli ultimi tempi). Un tuttofare a metà strada tra la concezione homemade e quella ricercata in studio. Sorvolando su una piccola zoppìa nel cantato inglese (ma sono solo episodi isolati), ‘Floppy Disk’ è un viaggio pop a cui nostalgicamente non si può dire di no. Inutile tirar fuori paragoni e influenze a cinque stelle. Chi scrive ha il compito di dover indirizzare all’ascolto solo attraverso piccolo “indizi”, lasciando che sia il fruitore a farsi un’idea, per poi essere in grado di immergersi nella musica a poco a poco ma con le proprie “gambe”. ‘Floppy Disk’ è utilissimo anche sotto questo aspetto. Esportiamo Barbagallo. Converrebbe.
Emanuele Tamagnini - 3.5/5
PIGMAG
N.76 Ottobre 2009
Il chitarrista Carlo Barbagallo (Albanopower), già apprezzato oltreoceano,
è artefice di un carosello di suoni psych-pop, weirdo folk e acid blues d’annata (‘60-’70). Ogni pezzo dell’album è godibile e l’unico piccolo difetto, la pronuncia inglese, diventa trascurabile.
Gaetano Scippa
ILMUCCHIO.NET
Ha solo 25 anni, è di Siracusa, ma ha un talento indiscutibile ed incredibilmente maturo. Mescola Psych Folk, Pop, Barrett, Neil Young e chi più ne ha più ne metta. Il risultato è un disco ispirato e mai banale, con una gran voglia di mettersi in gioco senza strafare.
Raindog
[email protected]
here u'll find a new work of Carlo Barbagallo, Sicilian lo-fi/indie/diy kind magician. he's really strange, placing his talents in the range from old skool independent to artsie contemporary folkish music-to-use-when-u-r-living-yr-way-along. i like his stuff much coz it helps to remember that there's always a place to hide when u'll got frighten of current fallouts and depressive circumstances. his music consists of truth, he's openminded and never will give u pseudogeek eclectic bullshit. Barbagallo much more about music than many suckers, listed as supastarz on this portal. just spare him some time - he'll prove it.
Afrofushi
TELLAROBLOG
As we’re working on our new album, we came across the latest Barbagallo’s album: FLOPPY DISK. Never ever heard a thing like that in the Italian panorama. Please, forgive the artwork . A must buy it, now.