HATETV
Carlo Barbagallo è uno dei musicisti più affascinanti che ci siano in circolazione. Siciliano, polistrumentista, amante dell'home-recording e della psichedelia, già membro di Albanopower e di molti altri di progetti, tra i quali anche uno solista con il quale si esprime in totale libertà artistica. Ignorato da molti e amatissimo da quei pochi, Barbagallo negli anni ha sfornato diversi dischi ed ep (tra i quali anche una reinterpretazione avvenieristica di Erik Satie) che lo hanno rivelato come un musicista maturo e raffinato
Arrivato alla veneranda età di 25 anni ha voluto festeggiare a suo modo un traguardo fittizio ma consistente, una meta irreale ma importante che servisse a fare il punto della situazione sulla sua maturità stilistica. Quarter Century, il suo ultimo album, rappresenta proprio questa festa dei 25 anni nella quale sono stati invitati molti ospiti e tutti insieme si sono messi a suonare. Dai colleghi degli Albano Power, alla nuova promessa italiana Music For Eleven Instruments, passando per membri di Suzanne' Silver, Camera 237 e molti, molti altri, sono in molti quelli che a questa festa per arricchire la musica di per sé particolare di Barbagallo.
Ad un primo ascolto Quarter Century può sembrare un guazzabuglio di rumori, un dedalo sonoro nel quale è difficile trovare un filo per uscirne, ma basta un'immersione più profonda per entrare dentro un mondo surreale che è tanto affascinante quanto inquietante. Quindi, a forza di ascoltarle, le canzoni diventano dei personaggi quasi distinti, ognuno con le sue caratteristiche e le sue peculiarità, ognuno con qualcosa da dire. Per esempio, Show (una canzone in nove ottavi! Erano secoli che non ne sentivo una!) somiglia ad una fenice che brucia e illumina tutto intorno a se, Mediocre a un robottino obsoleto e malfuzionante, Holiday/H.L. un ragazzo affetto da disturbo bipolare, poi c'è un'illusionista inafferrabile dietro a Simon Templar, un cavallo in corsa impazzito in Great Sun, fino ad quel goffo zoppicante chiamato Cloud Behind The Moon tanto simile a Tom Waits (citato anche nel testo) e a vari esseri mutaforma policromatici non ben definiti. Ed ognuno di questi personaggi interagisce con gli altri come fossero pedine di una scacchiera psichedelica, con risultati inattesi e sorprendenti.
In fin dei conti è pop, ma chiamarlo semplicemente così è quasi un crimine, perché dietro c'è una raffinatezza, un gusto, una voglia di esprimersi (in)differente alla stragrande maggioranza della scena psichedelica italiana, e Quarter Century non va ad unirsi alla discografia di Barbagallo come una semplice costola in più. Tutta la musica di Barbagallo è qualcosa di più omogeneo, di più grande e poroso, un unico suono che aleggia vaporoso sopra le nostre teste, andando oltre l'etichetta di psichedelia, raggiungendo direttamente la chimica delle emozioni.
Antonio Garosi
MUSICZOOM
Giovane polistrumentista siracusano, Barbagallo, avvalendosi del poderoso contributo di certa intelligencija rockettara operante tra le due sponde dello Stretto, ha deliziato l’underground musicale italiano con un piccolo quanto fondamentale monumento artistico. Un inconsueto processo di fusione che rileva appieno le sue doti e che attinge dai più disparati territori artistici: musica psichedelica anzitutto, progressive, folk, elettronica, musica concreta, il tutto fuso in un caos razionale ed ordinato, quasi metodico. Apre l’album A Place Called Home, una nenia intrisa di elettronica e psichedelia dove le chitarre e il suono dimesso di un organo creano atmosfere pacate e distese, atte a sospingere una voce dondolante. Segue Wake me Up!, una filastrocca dai sentori noir, tanto grottesca quanto disperata, coronata dal suono sinistro di una campana e dai frammenti di un pianoforte. Si prosegue con Mediocre, un denso trambusto di manipolazioni digitali, rumori concreti e di strumenti stonati. Maledettamente dadaista! Reject (No Reaction Time) è una suite di cinque minuti anch’essa costellata da sentori noir e grotteschi, a tratti inquietanti, guidata dal sali-scendi di una voce umile e addolorata alla Robert Wyatt, interrotta sul finire da divagazioni di elettronica post-industriale. Si passa poi per Holiday/H.L., pezzo dal piglio rumorista stuprato da repentini cambi di tempo di matrice progressive e da una clôture surreale. Seguono le dissonanze ossessive di Tx313. La fantasia spericolata di Barbagallo si concentra negli eccessi di questi pezzi, pezzi che rappresentano per certi versi il lato oscuro dell’album che, di qui in avanti, si dilegua verso altri canoni stilistici. Così ci imbattiamo nel delicato folk-rock digitale di Show e nelle ritmiche sofisticate e sincopate di Simon Templar. La follia ritmica raggiunge il suo apice con la martellante Great Sun. Qui Barbagallo si abbandona ad un groove docile e rumoroso allo stesso tempo che si lascia inghiottire dai suoni elettronici. Clouds Behind the Moon si veste invece di un primitivismo jazz, arrangiato con una gag etnica, quasi tribale. Town Calls conserva la pulizia di un rock domestico e collegiale che si inabissa in un pantano di lievi eufonie vocali e riff dissonanti. Segue White, una sorta di mantra elettro-acustico che volge dalle parti di un blues dai toni decadenti ed annoiati e dai sentori raga. The Crowd è all’insegna del funereo. Lo spettrale cantato di Barbagallo riecheggia in un viaggio paranoico fatto di rumori e droni magniloquenti. I suoni sbilenchi e free di Ercoidem chiudono degnamente Quarter Century. Un album caratterizzato da impulsi creativi di disarmante attualità che sicuramente inciderà non poco sulle generazioni future di musicisti italiani e, ci auguriamo e gli auguriamo, non solo.
SENTIREASCOLTARE
Tempo poche settimane ed al Quarter Century EP segue un album intero che di quello riprende il titolo e ne completa gli intenti. Quattordici le tracce per una scaletta che espande ulteriormente le coordinate, stabilizzandosi in orbita ellittica sopra una Canterbury robotica e lo-fi, spacciando patafisica e amarezze concrete, art wave e avant-jazz, folk-prog ed electro-ambient. Ai cinque pezzi già noti si aggiungono tra gli altri episodi di ossessiva ebbrezza come il valzerino lunare di Tx313, quella Great Sun che fa galleggiare lo spettro di Syd Barrett in un cocktail Flaming Lips - Gastr Del Sol, una Wake Up che battezza i Blur di spaesamento Howe Gelb, l'estro power sclerotizzato di Town Calls, il trip-hop accartocciato di Simon Templar e l'oppiaceo lirismo futurista di The Crowd.
Se ti metti a contare i musicisti che hanno reso possibile l'impresa, fanno una ventina compreso il "padrone di casa" Carlo Barbagallo. Un lavoro corale e perciò variegato, forse anche eccessivamente vario, tuttavia pervaso da una palpabile progettualità, da una sola smania visionaria, quasi fosse la lucida frenesia espressiva di chi non conosce altre vie d'uscita o comunque non altrettanto efficaci, gratificanti, necessarie.
(7.3/10) Stefano Solventi
KOMAKINO
One more time: I think Carlo Barbagallo is criminally underrated. And still criminally unknown to most. Something I already wrote here and there on komakino, writing reviews of part of his (self-released) records. This new chapter for Barbagallo, born 1985, Quarter Century, - I guess it takes a snapshot of his 25th birthday, musically.
Helped out by musicians/friends, members of Albanopower, Music For Eleven Instruments, Suzanne'Silver, Les Dix-Huit Secondes, Enablers, Tellaro, Camera 237 and many others, principally from his same sicilian sound-entourage, this album collects 14 tracks of exquisite alternative pop music, with a sip of pervading melancholy.
Intriguing melodies, with a slight vintage shade (The Crowd, Holiday / H.L.) barely conventional, yet, fully accessible, - always richly arranged (Show, White).
Sometimes shaped like soundscores for a Sundance movie (Mediocre, - its jazzy alterego Ercoidem, and Tx313 as well), - eclectic intimacy of trip-hop tempos (Simon Templar, Clouds Behind The Moon) and electronica touching the indie heartbeat, - blended with emotional lyrism (Great Sun's finale), - all culminating in Reject (No Reaction Time), an amazing song fusing Black Heart Procession's nostalgia and Beatles' inventiveness: written together with Francesco Cantone (Twig Infection) and Lorenzo Urciullo. For sure, the record's hit single. Pure genius. And it worths a mention its touching outro/stardust. Something able to be memorable and give you shivers to each listen.
Again: where are the indie labels when you need them?
Ancora una volta: sono convinto che Carlo Barbagallo sia criminalmente sottostimato. E criminalmente ignorato dai più. Qualcosa che ho già scritto qua e là su koma, e che non mi stancherò di ripetere sinchè le cose non cambiano.
Questo nuovo capitolo per Barbagallo, classe 1985, a titolo Quarter Century, immagino che sia un'istantanea del suo 25° compleanno, musicalmente. E auguri.
Aiutato da amici/musicisti del suo stesso entourage sonoro siculo (Albanopower, Music For Eleven Instruments, Suzanne'Silver, Les Dix-Huit Secondes, Enablers, Tellaro, Camera 237 e altri), quest'album raccoglie 14 tracce di squisita alternativa pop, con assaggi di pervasa malinconia.Melodie intriganti, con leggere ombrature vintage (The Crowd, Holiday / H.L.), appena convenzionali, ma al tempo accessibili, - e sempre riccamente arrangiate (Show, White).
Tracce talvolta modellate come soundscore per un film stile Sundance, (Mediocre, - il suo jazzy alterego Ercoidem, e anche Tx313), - un'intimità eclettica di tempi trip-hop (Simon Templar, Clouds Behind The Moon) ed elettronica che scandisce un battito cardiaco più indie, - ogni cosa ben dosata con del lirismo emozionale (il finale di Great Sun), - sino a culminare in Reject (No Reaction Time), - un'ottima canzone che fonde la nostalgia dei Black Heart Processione a l'inventiva dei Beatles: un pezzo scritto a più mani con Francesco Cantone (Twig Infection) e Lorenzo Urciullo. Di certo il singolo di questo disco. Puro genio. Come la stessa coda di outro finale. Qualcosa di memorabile, e capace, anche, di darti i brividi.
Quindi lo chiedo ancora: dove sono le etichette indie quando servono?
ROCKIT
Intensa, fascinosa ed illuminante, torna, poco dopo l'omonimo five-tracks EP, la prolifica scrittura del siciliano Carlo Barbagallo (dobbiamo ripeterlo? E' quel poliedrico personaggio che si cela dietro a progetti pop come Albanopower o math rock come quello dei Suzanne'Silver). Non possiamo citare tutti gli ospiti che hanno partecipato a questo "Quarter Century" e certo aiutano a renderlo uno dei migliori episodi nella sua discografia. Vuoi per la doppia versione cd e mc, vuoi per gli evidenti rimbalzi a quanto di più bello ci sia nella psycho-prog degli anni '70, al rock marcescente '80, alle amorevoli sterzate mod '90, vuoi anche per le bracciate freestyle nel mare magnum dell'elettronica, il suo incedere attraverso questo suo distintivo e chiassoso approccio lo-fi sembra comunque voler tracciare la linea di un totale. Lo dimostrerebbe il pop trasognante ed etereo infuso Albarn/Barrett dell'iniziale "A Place called home" e della successiva "Wake Me up", chirurgicamente estromesse dall'immaterialità di "Mediocre", più sperimentale e meno ruffiana, ma che anticipano, quasi senza volerlo, un'infallibile rassegna di genio ed eccellenza, con "Reject (No reaction time)" e "Holyday/H.L." in testa. Le coordinate sono sempre le stesse dei lavori precedenti "Ego-God" e "Floppy Disk", ma qui sono pervase da una consapevolezza mostruosamente affine all'estro di Beefheart, alla magia zappiana e alla superbia avanguardista degli Animal Collective, plasmate su idealtipi indefiniti. Barbagallo si destreggia infatti come se si trovasse impegnato nella trasfigurazione sinottica di quanta più roba possa contenerne il negozietto di dischi all'angolo, mettendo al riparo tutto quanto gli passi per la testa, in vista di un imminente olocausto. E pensare che il Nostro ha solo 25 anni. Gli ammennicoli danzanti di "Clouds behind the moon", l'alba postatomica di "Great Sun", il rock adulterino di "Town calls", il chill-out introverso di "Simon Templar", il folk sghembo di "White" ridonano, in sequenza, le stesse amenità che potrebbero scaturire dalla musica degli Orka suonata da Four Tet, e potrei continuare all'infinito, tante sono le influenze che animano questo disco. In sunto: adrenalinico, mastodontico, made in Sicily. Gran disco.
KATHODIK
A due anni dal precedente “Floppy Disk”, il 26enne siciliano Carlo Barbagallo torna a farsi sentire con il suo progetto solista, viale maestro nel quale convogliare una debordante creatività che spesso deraglia in mille viuzze perpendicolari (come i progetti Albanopower e Suzanne'Silver).
Creatività che anche stavolta viene filtrata e plasmata in molteplici maniere, rendendo quantomeno ardua una qualsivoglia classificazione. Se una vaga unitarietà era riscontrabile in “Floppy Disk”, dove il nostro poneva come punto di partenza una psichedelia elettronica dilatata in bassa fedeltà (tutto e niente, in pratica…), immergersi in “Quarter Century” vuol dire lasciarsi travolgere da un flusso musicale a volte gelido e turbinante, altre volte caldo ed avvolgente, altre ancora etereo e rabbrividente. Un fluido multicolore alla cui inafferrabilità contribuisce la ventina di collaboratori che aiutano Barbagallo nell’impresa di ultimare l’intruglio.
La porta d’ingresso nel Barbagallo-world è la traccia forse più accessibile del disco: A Place Called Home è pop che guarda al cosmo, ma è una pia illusione pensare che questa sia la forma definitiva del lavoro. Wake Me Up affoga i Blur in un languore cinematico, prima che Mediocre sprofondi in droni kraut-canterburiani. Reject (No Reaction Time) immerge gli Eels in un bagno di schiume horror-psichedeliche dalla quali si riemerge col rock lunare (!) di Holiday ed il valzer delle alte sfere Tx313. Un balletto che torna sulla Terra, precisamente sotto casa degli Akron Family, in Show. Simon Templar si avvinghia in sinuosità trip-hop che presto lasciano spazio al beat psicotico di Great Sun. Cloud Behind The Moon frigge Tom Waits in una messinscena rutilante, mentre Town Calls valica il confine canadese per finire dalle parti dei Broken Social Scene. Un decadentismo vagamente a-là Mark Lanegan percorre per intero White, allargandosi a macchia d’olio nella viaggio lisergico The Crowd. Il sottile balletto lynchiano Ercoidem chiude il disco e spegne i riflettori sul teatrino delle meraviglie imbastito da Carlo & friends.
Capolavoro di sincretismo musicale o accozzaglia di bozzetti che poco hanno a che fare l’uno con l’altro? Né l’uno né l’altro, o meglio sia l’uno che l’altro. Come album non si può che definire sconclusionato questo “Quarter Century”, ma presi uno per uno i singoli pezzi ci parlano di un artista nel pieno del suo fulgore creativo. Ma che forse deve trovare ancora la sua strada.
Marco Pagliariccio
Da Siracusa con furore, arriva Carlo Barbagallo, polistrumentista autodidatta e mente principale dietro il progetto che porta il suo nome e che debutta per la Bloody Sound, dopo una serie di uscite indipendenti per la propria label. In 'Quarter Century', il musicista siciliano si lascia aiutare da tutta una serie di amici che già lo accompagnano in altri progetti musicali (Suzanne'Sliver, Les Dix-Huit Secondes, ecc) e il risultato è un'orgia di suoni e proposte di vario tipo.L'atmosfera che si respira in 'Quarter Century' è altrettanto variegata, passando dal semi-blues fino all'elettronica gelida di The Crowd, quasi un incubo da finale di 'Brazil' (chi non l'ha visto, lo veda, prego). Per non parlare degli attacchi semi-industrial di Great Sun, la chitarra ossessiva e la sperimentazione semi Radiohead di Mediocre; ciò nonostante, il lato b è sicuramente meno altalenante e si adagia più su un singolo stile con minime varianti.L'unico collante tra tutti i pezzi è la tranquilla voce di Barbagallo che fa capolino tra ogni pezzo, inserendosi quasi timidamente tra i vari strumenti, quasi a non voler disturbare l'ascoltatore. E dico unico, perché il tono di 'Quarter Century' è parecchio disgiunto, spesso dando più l'idea di una collazione di pezzi che non hanno poi molto a che vedere l'uno con l'altro. Non che questa sia necessariamente una cosa negativa, intendiamoci, però non lascia l'idea di aver ascoltato un vero e proprio album, ecco. Comunque, Barbagallo convince anche se non pienamente, confermandosi un artista poliedrico e ben preparato.
Damiano Gerli
IMPATTOSONORO
I musicisti che hanno contribuito alla realizzazione di quest’opera di Barbagallo fanno parte a mio avviso di una scena musicale tutta loro; forse non è una scena ben definita, né una scena con un sound particolare, non è nemmeno un movimento politico e dubito che si vestano tutti seguendo una determinata moda; eppure quando collaborano riescono a dare vita ad opere di vasto respiro, in un cui le sonorità più sperimentali coesistono in armonia con un discorso globale coerente e a tratti anche di facile ascolto.Così si fa notare la presenza di Peppe Schillaci (Diane in the Shell) che contribuisce a ben 4 brani; la presenza di Michele Alessi (Kyle, Captain Quentin, Maisie) in “Clouds behind the moon”, soprattutto nella composizione del brano; Lorenzo Urciullo (Colapesce, Albanopower) in “Reject” e così via, in tutto all’album collaborano almeno una ventina di musicisti provenienti dai generi più disparati.Nonostante la vasta gamma di esperienze e le diversità presenti tra ognuno dei membri di questo album, l’opera è coerente e i brani danno l’idea di un lavoro quasi tematico.E se la copertina può lasciar pensare ai Pink Floyd, le sonorità personalmente mi ricordano più Robert Wyatt e i Soft Machine.
Carlo Barbagallo è uno dei musicisti più affascinanti che ci siano in circolazione. Siciliano, polistrumentista, amante dell'home-recording e della psichedelia, già membro di Albanopower e di molti altri di progetti, tra i quali anche uno solista con il quale si esprime in totale libertà artistica. Ignorato da molti e amatissimo da quei pochi, Barbagallo negli anni ha sfornato diversi dischi ed ep (tra i quali anche una reinterpretazione avvenieristica di Erik Satie) che lo hanno rivelato come un musicista maturo e raffinato
Arrivato alla veneranda età di 25 anni ha voluto festeggiare a suo modo un traguardo fittizio ma consistente, una meta irreale ma importante che servisse a fare il punto della situazione sulla sua maturità stilistica. Quarter Century, il suo ultimo album, rappresenta proprio questa festa dei 25 anni nella quale sono stati invitati molti ospiti e tutti insieme si sono messi a suonare. Dai colleghi degli Albano Power, alla nuova promessa italiana Music For Eleven Instruments, passando per membri di Suzanne' Silver, Camera 237 e molti, molti altri, sono in molti quelli che a questa festa per arricchire la musica di per sé particolare di Barbagallo.
Ad un primo ascolto Quarter Century può sembrare un guazzabuglio di rumori, un dedalo sonoro nel quale è difficile trovare un filo per uscirne, ma basta un'immersione più profonda per entrare dentro un mondo surreale che è tanto affascinante quanto inquietante. Quindi, a forza di ascoltarle, le canzoni diventano dei personaggi quasi distinti, ognuno con le sue caratteristiche e le sue peculiarità, ognuno con qualcosa da dire. Per esempio, Show (una canzone in nove ottavi! Erano secoli che non ne sentivo una!) somiglia ad una fenice che brucia e illumina tutto intorno a se, Mediocre a un robottino obsoleto e malfuzionante, Holiday/H.L. un ragazzo affetto da disturbo bipolare, poi c'è un'illusionista inafferrabile dietro a Simon Templar, un cavallo in corsa impazzito in Great Sun, fino ad quel goffo zoppicante chiamato Cloud Behind The Moon tanto simile a Tom Waits (citato anche nel testo) e a vari esseri mutaforma policromatici non ben definiti. Ed ognuno di questi personaggi interagisce con gli altri come fossero pedine di una scacchiera psichedelica, con risultati inattesi e sorprendenti.
In fin dei conti è pop, ma chiamarlo semplicemente così è quasi un crimine, perché dietro c'è una raffinatezza, un gusto, una voglia di esprimersi (in)differente alla stragrande maggioranza della scena psichedelica italiana, e Quarter Century non va ad unirsi alla discografia di Barbagallo come una semplice costola in più. Tutta la musica di Barbagallo è qualcosa di più omogeneo, di più grande e poroso, un unico suono che aleggia vaporoso sopra le nostre teste, andando oltre l'etichetta di psichedelia, raggiungendo direttamente la chimica delle emozioni.
Antonio Garosi
MUSICZOOM
Giovane polistrumentista siracusano, Barbagallo, avvalendosi del poderoso contributo di certa intelligencija rockettara operante tra le due sponde dello Stretto, ha deliziato l’underground musicale italiano con un piccolo quanto fondamentale monumento artistico. Un inconsueto processo di fusione che rileva appieno le sue doti e che attinge dai più disparati territori artistici: musica psichedelica anzitutto, progressive, folk, elettronica, musica concreta, il tutto fuso in un caos razionale ed ordinato, quasi metodico. Apre l’album A Place Called Home, una nenia intrisa di elettronica e psichedelia dove le chitarre e il suono dimesso di un organo creano atmosfere pacate e distese, atte a sospingere una voce dondolante. Segue Wake me Up!, una filastrocca dai sentori noir, tanto grottesca quanto disperata, coronata dal suono sinistro di una campana e dai frammenti di un pianoforte. Si prosegue con Mediocre, un denso trambusto di manipolazioni digitali, rumori concreti e di strumenti stonati. Maledettamente dadaista! Reject (No Reaction Time) è una suite di cinque minuti anch’essa costellata da sentori noir e grotteschi, a tratti inquietanti, guidata dal sali-scendi di una voce umile e addolorata alla Robert Wyatt, interrotta sul finire da divagazioni di elettronica post-industriale. Si passa poi per Holiday/H.L., pezzo dal piglio rumorista stuprato da repentini cambi di tempo di matrice progressive e da una clôture surreale. Seguono le dissonanze ossessive di Tx313. La fantasia spericolata di Barbagallo si concentra negli eccessi di questi pezzi, pezzi che rappresentano per certi versi il lato oscuro dell’album che, di qui in avanti, si dilegua verso altri canoni stilistici. Così ci imbattiamo nel delicato folk-rock digitale di Show e nelle ritmiche sofisticate e sincopate di Simon Templar. La follia ritmica raggiunge il suo apice con la martellante Great Sun. Qui Barbagallo si abbandona ad un groove docile e rumoroso allo stesso tempo che si lascia inghiottire dai suoni elettronici. Clouds Behind the Moon si veste invece di un primitivismo jazz, arrangiato con una gag etnica, quasi tribale. Town Calls conserva la pulizia di un rock domestico e collegiale che si inabissa in un pantano di lievi eufonie vocali e riff dissonanti. Segue White, una sorta di mantra elettro-acustico che volge dalle parti di un blues dai toni decadenti ed annoiati e dai sentori raga. The Crowd è all’insegna del funereo. Lo spettrale cantato di Barbagallo riecheggia in un viaggio paranoico fatto di rumori e droni magniloquenti. I suoni sbilenchi e free di Ercoidem chiudono degnamente Quarter Century. Un album caratterizzato da impulsi creativi di disarmante attualità che sicuramente inciderà non poco sulle generazioni future di musicisti italiani e, ci auguriamo e gli auguriamo, non solo.
SENTIREASCOLTARE
Tempo poche settimane ed al Quarter Century EP segue un album intero che di quello riprende il titolo e ne completa gli intenti. Quattordici le tracce per una scaletta che espande ulteriormente le coordinate, stabilizzandosi in orbita ellittica sopra una Canterbury robotica e lo-fi, spacciando patafisica e amarezze concrete, art wave e avant-jazz, folk-prog ed electro-ambient. Ai cinque pezzi già noti si aggiungono tra gli altri episodi di ossessiva ebbrezza come il valzerino lunare di Tx313, quella Great Sun che fa galleggiare lo spettro di Syd Barrett in un cocktail Flaming Lips - Gastr Del Sol, una Wake Up che battezza i Blur di spaesamento Howe Gelb, l'estro power sclerotizzato di Town Calls, il trip-hop accartocciato di Simon Templar e l'oppiaceo lirismo futurista di The Crowd.
Se ti metti a contare i musicisti che hanno reso possibile l'impresa, fanno una ventina compreso il "padrone di casa" Carlo Barbagallo. Un lavoro corale e perciò variegato, forse anche eccessivamente vario, tuttavia pervaso da una palpabile progettualità, da una sola smania visionaria, quasi fosse la lucida frenesia espressiva di chi non conosce altre vie d'uscita o comunque non altrettanto efficaci, gratificanti, necessarie.
(7.3/10) Stefano Solventi
KOMAKINO
One more time: I think Carlo Barbagallo is criminally underrated. And still criminally unknown to most. Something I already wrote here and there on komakino, writing reviews of part of his (self-released) records. This new chapter for Barbagallo, born 1985, Quarter Century, - I guess it takes a snapshot of his 25th birthday, musically.
Helped out by musicians/friends, members of Albanopower, Music For Eleven Instruments, Suzanne'Silver, Les Dix-Huit Secondes, Enablers, Tellaro, Camera 237 and many others, principally from his same sicilian sound-entourage, this album collects 14 tracks of exquisite alternative pop music, with a sip of pervading melancholy.
Intriguing melodies, with a slight vintage shade (The Crowd, Holiday / H.L.) barely conventional, yet, fully accessible, - always richly arranged (Show, White).
Sometimes shaped like soundscores for a Sundance movie (Mediocre, - its jazzy alterego Ercoidem, and Tx313 as well), - eclectic intimacy of trip-hop tempos (Simon Templar, Clouds Behind The Moon) and electronica touching the indie heartbeat, - blended with emotional lyrism (Great Sun's finale), - all culminating in Reject (No Reaction Time), an amazing song fusing Black Heart Procession's nostalgia and Beatles' inventiveness: written together with Francesco Cantone (Twig Infection) and Lorenzo Urciullo. For sure, the record's hit single. Pure genius. And it worths a mention its touching outro/stardust. Something able to be memorable and give you shivers to each listen.
Again: where are the indie labels when you need them?
Ancora una volta: sono convinto che Carlo Barbagallo sia criminalmente sottostimato. E criminalmente ignorato dai più. Qualcosa che ho già scritto qua e là su koma, e che non mi stancherò di ripetere sinchè le cose non cambiano.
Questo nuovo capitolo per Barbagallo, classe 1985, a titolo Quarter Century, immagino che sia un'istantanea del suo 25° compleanno, musicalmente. E auguri.
Aiutato da amici/musicisti del suo stesso entourage sonoro siculo (Albanopower, Music For Eleven Instruments, Suzanne'Silver, Les Dix-Huit Secondes, Enablers, Tellaro, Camera 237 e altri), quest'album raccoglie 14 tracce di squisita alternativa pop, con assaggi di pervasa malinconia.Melodie intriganti, con leggere ombrature vintage (The Crowd, Holiday / H.L.), appena convenzionali, ma al tempo accessibili, - e sempre riccamente arrangiate (Show, White).
Tracce talvolta modellate come soundscore per un film stile Sundance, (Mediocre, - il suo jazzy alterego Ercoidem, e anche Tx313), - un'intimità eclettica di tempi trip-hop (Simon Templar, Clouds Behind The Moon) ed elettronica che scandisce un battito cardiaco più indie, - ogni cosa ben dosata con del lirismo emozionale (il finale di Great Sun), - sino a culminare in Reject (No Reaction Time), - un'ottima canzone che fonde la nostalgia dei Black Heart Processione a l'inventiva dei Beatles: un pezzo scritto a più mani con Francesco Cantone (Twig Infection) e Lorenzo Urciullo. Di certo il singolo di questo disco. Puro genio. Come la stessa coda di outro finale. Qualcosa di memorabile, e capace, anche, di darti i brividi.
Quindi lo chiedo ancora: dove sono le etichette indie quando servono?
ROCKIT
Intensa, fascinosa ed illuminante, torna, poco dopo l'omonimo five-tracks EP, la prolifica scrittura del siciliano Carlo Barbagallo (dobbiamo ripeterlo? E' quel poliedrico personaggio che si cela dietro a progetti pop come Albanopower o math rock come quello dei Suzanne'Silver). Non possiamo citare tutti gli ospiti che hanno partecipato a questo "Quarter Century" e certo aiutano a renderlo uno dei migliori episodi nella sua discografia. Vuoi per la doppia versione cd e mc, vuoi per gli evidenti rimbalzi a quanto di più bello ci sia nella psycho-prog degli anni '70, al rock marcescente '80, alle amorevoli sterzate mod '90, vuoi anche per le bracciate freestyle nel mare magnum dell'elettronica, il suo incedere attraverso questo suo distintivo e chiassoso approccio lo-fi sembra comunque voler tracciare la linea di un totale. Lo dimostrerebbe il pop trasognante ed etereo infuso Albarn/Barrett dell'iniziale "A Place called home" e della successiva "Wake Me up", chirurgicamente estromesse dall'immaterialità di "Mediocre", più sperimentale e meno ruffiana, ma che anticipano, quasi senza volerlo, un'infallibile rassegna di genio ed eccellenza, con "Reject (No reaction time)" e "Holyday/H.L." in testa. Le coordinate sono sempre le stesse dei lavori precedenti "Ego-God" e "Floppy Disk", ma qui sono pervase da una consapevolezza mostruosamente affine all'estro di Beefheart, alla magia zappiana e alla superbia avanguardista degli Animal Collective, plasmate su idealtipi indefiniti. Barbagallo si destreggia infatti come se si trovasse impegnato nella trasfigurazione sinottica di quanta più roba possa contenerne il negozietto di dischi all'angolo, mettendo al riparo tutto quanto gli passi per la testa, in vista di un imminente olocausto. E pensare che il Nostro ha solo 25 anni. Gli ammennicoli danzanti di "Clouds behind the moon", l'alba postatomica di "Great Sun", il rock adulterino di "Town calls", il chill-out introverso di "Simon Templar", il folk sghembo di "White" ridonano, in sequenza, le stesse amenità che potrebbero scaturire dalla musica degli Orka suonata da Four Tet, e potrei continuare all'infinito, tante sono le influenze che animano questo disco. In sunto: adrenalinico, mastodontico, made in Sicily. Gran disco.
KATHODIK
A due anni dal precedente “Floppy Disk”, il 26enne siciliano Carlo Barbagallo torna a farsi sentire con il suo progetto solista, viale maestro nel quale convogliare una debordante creatività che spesso deraglia in mille viuzze perpendicolari (come i progetti Albanopower e Suzanne'Silver).
Creatività che anche stavolta viene filtrata e plasmata in molteplici maniere, rendendo quantomeno ardua una qualsivoglia classificazione. Se una vaga unitarietà era riscontrabile in “Floppy Disk”, dove il nostro poneva come punto di partenza una psichedelia elettronica dilatata in bassa fedeltà (tutto e niente, in pratica…), immergersi in “Quarter Century” vuol dire lasciarsi travolgere da un flusso musicale a volte gelido e turbinante, altre volte caldo ed avvolgente, altre ancora etereo e rabbrividente. Un fluido multicolore alla cui inafferrabilità contribuisce la ventina di collaboratori che aiutano Barbagallo nell’impresa di ultimare l’intruglio.
La porta d’ingresso nel Barbagallo-world è la traccia forse più accessibile del disco: A Place Called Home è pop che guarda al cosmo, ma è una pia illusione pensare che questa sia la forma definitiva del lavoro. Wake Me Up affoga i Blur in un languore cinematico, prima che Mediocre sprofondi in droni kraut-canterburiani. Reject (No Reaction Time) immerge gli Eels in un bagno di schiume horror-psichedeliche dalla quali si riemerge col rock lunare (!) di Holiday ed il valzer delle alte sfere Tx313. Un balletto che torna sulla Terra, precisamente sotto casa degli Akron Family, in Show. Simon Templar si avvinghia in sinuosità trip-hop che presto lasciano spazio al beat psicotico di Great Sun. Cloud Behind The Moon frigge Tom Waits in una messinscena rutilante, mentre Town Calls valica il confine canadese per finire dalle parti dei Broken Social Scene. Un decadentismo vagamente a-là Mark Lanegan percorre per intero White, allargandosi a macchia d’olio nella viaggio lisergico The Crowd. Il sottile balletto lynchiano Ercoidem chiude il disco e spegne i riflettori sul teatrino delle meraviglie imbastito da Carlo & friends.
Capolavoro di sincretismo musicale o accozzaglia di bozzetti che poco hanno a che fare l’uno con l’altro? Né l’uno né l’altro, o meglio sia l’uno che l’altro. Come album non si può che definire sconclusionato questo “Quarter Century”, ma presi uno per uno i singoli pezzi ci parlano di un artista nel pieno del suo fulgore creativo. Ma che forse deve trovare ancora la sua strada.
Marco Pagliariccio
Da Siracusa con furore, arriva Carlo Barbagallo, polistrumentista autodidatta e mente principale dietro il progetto che porta il suo nome e che debutta per la Bloody Sound, dopo una serie di uscite indipendenti per la propria label. In 'Quarter Century', il musicista siciliano si lascia aiutare da tutta una serie di amici che già lo accompagnano in altri progetti musicali (Suzanne'Sliver, Les Dix-Huit Secondes, ecc) e il risultato è un'orgia di suoni e proposte di vario tipo.L'atmosfera che si respira in 'Quarter Century' è altrettanto variegata, passando dal semi-blues fino all'elettronica gelida di The Crowd, quasi un incubo da finale di 'Brazil' (chi non l'ha visto, lo veda, prego). Per non parlare degli attacchi semi-industrial di Great Sun, la chitarra ossessiva e la sperimentazione semi Radiohead di Mediocre; ciò nonostante, il lato b è sicuramente meno altalenante e si adagia più su un singolo stile con minime varianti.L'unico collante tra tutti i pezzi è la tranquilla voce di Barbagallo che fa capolino tra ogni pezzo, inserendosi quasi timidamente tra i vari strumenti, quasi a non voler disturbare l'ascoltatore. E dico unico, perché il tono di 'Quarter Century' è parecchio disgiunto, spesso dando più l'idea di una collazione di pezzi che non hanno poi molto a che vedere l'uno con l'altro. Non che questa sia necessariamente una cosa negativa, intendiamoci, però non lascia l'idea di aver ascoltato un vero e proprio album, ecco. Comunque, Barbagallo convince anche se non pienamente, confermandosi un artista poliedrico e ben preparato.
Damiano Gerli
IMPATTOSONORO
I musicisti che hanno contribuito alla realizzazione di quest’opera di Barbagallo fanno parte a mio avviso di una scena musicale tutta loro; forse non è una scena ben definita, né una scena con un sound particolare, non è nemmeno un movimento politico e dubito che si vestano tutti seguendo una determinata moda; eppure quando collaborano riescono a dare vita ad opere di vasto respiro, in un cui le sonorità più sperimentali coesistono in armonia con un discorso globale coerente e a tratti anche di facile ascolto.Così si fa notare la presenza di Peppe Schillaci (Diane in the Shell) che contribuisce a ben 4 brani; la presenza di Michele Alessi (Kyle, Captain Quentin, Maisie) in “Clouds behind the moon”, soprattutto nella composizione del brano; Lorenzo Urciullo (Colapesce, Albanopower) in “Reject” e così via, in tutto all’album collaborano almeno una ventina di musicisti provenienti dai generi più disparati.Nonostante la vasta gamma di esperienze e le diversità presenti tra ognuno dei membri di questo album, l’opera è coerente e i brani danno l’idea di un lavoro quasi tematico.E se la copertina può lasciar pensare ai Pink Floyd, le sonorità personalmente mi ricordano più Robert Wyatt e i Soft Machine.
42 Records Bandcamp Page
You may already know Barbagallo from his previous activity with Albanopower, Suzanne'Silver, Tempestine and a couple of good album released under his current moniker. Blame it on Sicilian air if people really can't seem to bear to sit around twiddling their thumbs: his latest release "Quarter Century" is a rather ambitious effort. All the songs included on the album were written, recorded and arranged with the help of a slew of guest musicians, among whom Lorenzo Urciullo e Toti Valente (Albanopower, Colapesce), Francesco Cantone (Tellaro), Michele Alessi (Cpt. Quentin, Vinsent), Ignazio Nisticò (Camera 237) and Salvo Sultano (Music for Eleven Instruments). Barbagallo's ideas, however, do not end here. The whole EP was mastered to sound like an 80's cassette tape, sort of like a digital C25. These first five songs are in fact part of a whole album, which will be available for download and in physical release starting December 24th, on Barbagallo's Bandcamp page.
42 Records Website
Come ormai dovreste sapere, 24 per noi è anche un’occasione per dare spazio a musicisti in qualche modo connessi con l’attività di 42. Quelli parte della famiglia, di cui magari in passato abbiamo già pubblicato dischi, brani su compilation e chi più ne ha più ne metta. Carlo Barbagallo è sicuramente uno di questi. Chitarrista, seconda voce, tuttofare, degli albanopower, è in realtà uno che non si ferma un attimo. Sono molteplici i progetti in cui è coinvolto: i Suzanne’Silver (la sua band, con un discreto curriculum all’estero), Tempestine (duo formato con Lorenzo Urciullo, sempre degli Albanopower), e molti altri. Come solista ha già pubblicato un album e un’ep molto apprezzati sia dalla critica che dal pubblico. “Quarter Century” forse rappresenta il suo passo più ambizioso. Un album realizzato interamente in collaborazione con altri musicisti, tra cui i soliti Lorenzo Urciullo e Toti Valente (Albanopower, Colapesce), Francesco Cantone (Tellaro), Michele Alessi (Cpt. Quentin, Vinsent), Ignazio Nisticò (Camera 237) and Salvo Sultano (Music for Eleven Instruments). Ogni brano è una storia a sé. I suoni scelti sono di diverso stampo e i brani alternano alla forma canzone classica anche momenti di stampo più sperimentale. La versione che esce per 24 ha la forma di un EP digitale (5 brani), mixato e masterizzato per suonare come una musicassetta registrata negli anni ‘80. Una C-25, per la precisione. Un’altra delle folli idee di Carlo, perfetta però per dare all’intero lavoro un’impronta lo-fi ben riconoscibile. La versione integrale dell’album, anche con supporto fisico, sarà pubblicata sulla pagina Bandcamp di Barbagallo verso la fine di dicembre. Nel frattempo, però, potete scaricare gratuitamente questa versione speciale, realizzata apposta per 42 Records e 24. Una piccola cassetta in MP3. Una sorpresa. L’ennesima.
HEARTOFGLASS
Questa non è solo la storia di un disco, ma per chi sa leggere tra le righe, saprà apprezzare quella che è l’evoluzione di una scena intera: quella siciliana. Prendete carta e penna dunque, annotate qualche nome. Carlo Barbagallo, chitarrista classe 1985 nato con la sei corde in mano, visto il curriculum musicale. Menestrello dagli effetti acidi e psichedelia low-fi, ospita in questo suo Quarter Century ottimi musicisti con ottime idee, corrispondenza quasi mai scontata. Fattosi le ossa nei Suzanne’Silver percorre la sua parabola distorta facendosi apprezzare negliAlbanopower, ironico trio dalle mille sfaccetture elettro-pop-sperimentali. Come ciliegia sulla torta ecco la produzione e partecipazione dell’esordio dei Loners (I Remember a Dream, che mi è rimasto abbastanza ben impresso).
Perciò questo ep rappresenta un esperienza interessante non solo perchè coadiuvato da un sfilza di nomi che ricalcano la scena intera di Siracura e dintorni, ma assume le tinte di un innamoramento e di una passione che solo chi ama veramente la musica è in grado di cogliere. Lorenzo Urciullo già con lui nei Tempestine, è uno di quelli parecchio invischiati nella stesura di questo disco, ma citerei pure il violoncello di Michele Alessi (Captain Quentin, esperimento interessante!) e il tocco elettro-acid di Salvo Sultano (Music for Eleven Instruments). Album dai contenuti spettacolari, sperimentale quanto basta. Ruvido nel rovesciare la forma canzone classica, senza esagerare in distorsioni, delay o slide-shows! Una ricerca sonora che punta molto sul redivivo low-fi, e fa assomigliare questo ep ad una reliquia di metà anni ottanta. Suoni ovattati, pressurizzati in melodie tutto sommato accessibili, synth dosati con buon fiuto nel creare vuoto d’atmosfera rarefatta, senza per forza assomigliare a qualche pasticcio gotico o spettrale. Una sorta di malinconia di seconda mano che esce timida dalla tana del cuore, ritmi che passeggiano sulla lama del rasoio, come nella lenta Show dalle velleità pop ma dal coraggio underground: l’uso della tecnologia è piuttosto circoscritto, preferendo la musica suonata e “pensata” ad effetti suppellettili di scarso valore artistico. Si apre con A place Called Home che ci risucchia l’energia in un vortice cobalto: sembra un esercizio elettronico ma che sapientemente (ed inaspettatamente!) si trasforma in una ballata nebulosa percorsa da brividi lisergici, un lasciarsi cullare dalle onde d’un mare psichedelico: estremamente rilassante! Il ritmo tribale di Clouds Behind Moon smaschera una variopinta fantasia, quasi dub nella sua evoluzione, quasi blues negli intenti: mischiare i generi senza nessun compromesso o preconcetto, questo sembra essere il segreto di Carlo Barbagallo nei suoi featuring. Reject (no reaction time) si fa nervosa e carica di tensione, quasi come i primi lavori dei Teenage Jesus di Lydia Lunch, meno lussuriosi, ma con un pizzico di carillon convulso da lullaby capovolta. Effetti d’archi che s’incastrano nella trama leggera di chitarra per essere poi soppiantati dal languido placebo di un xilofono che passeggia sulle melodie d’un brano intarsiato di un acido onirismo. Holiday sembra fare a botte con una minimalista wave decodificata secondo il vangelo di Barbagallo, in questo brano è palese la guerra di mondi tra i suoni puramente sperimentali ed analogici e il tocco d’avanguardia digitale che prende a schiaffi ogni retorica, in un ottimo mix che non soffre la nausea. Non mi resta altro da dire: ascoltatelo e basta!
ARTISTSANDBANDS
Carlo Barbagallo, eclettico musicista siracusano, che nonostante la giovane età possiede un intensissima attività sia come membro degli Albanopower, Suzanne’Silver, Tempestine, Redondo che come solista è in procinto di uscire con il suo nuovo lavoro Quarter Century proprio in questo periodo. Intanto ha da poco pubblicato una versione preliminare piuttosto singolare dell’album, denominata Quarter Century Digital C-25 EP. In pratica la versione digitale, ascoltabile e scaricabile gratuitamente possiede una patina sonora volutamente vintage a mo' di musicassetta per intenderci e precede il lavoro integrale d’imminente pubblicazione. Quarter Century, segue l’acclamato disco Floppy Disk che ha riscosso pareri favorevoli anche all’estero. I brani di questo EP sono molto brillanti per quanto riguarda l’aspetto melodico, come per l’apertura del breve e raggiante "A Place Called Home". Barbagallo sembra amare molto il mescolare sonorità elettroniche e sperimentali, con quelle più dolci ed evocative come avviene ad in "Reject (No Reaction Time)". "Clouds Behind The Moon" è un pezzo che ha una scarna ritmica a tratti jazzata in cui troviamo una crepitante chitarra soffusamente elettrica. I rimandi sono molteplici, dai Radiohead ai Beatles passando per Syd Barrett utilizzando una forma canzone volutamente scarna quasi parlata. Un'attenzione in particolare ricade sulla capacità di questo musicista di saper costruire attraverso sonorità a volte acide e ritmiche aguzze come in "Holiday", originali e sbarazzine immagini sonore giostrandosi molto bene sia nell’impiego del synth che dell’elettrica non troppo caricata di effettistica. EP davvero molto interessante ed intelligente nella costruzione melodica, da tenere d’occhio!
Andrea Marchegiani - 7.5/10
NETMUSICLIFE
A poco più di un anno di distanza dal brillante e pregevole "Floppy Disk" (elogiato all'unisono dalla critica musicale) torna l'instancabile Barbagallo, giovanissimo artista siracusano (classe 1985) talento quasi inarrivabile del panorama musicale italiano, indie e non, dall'effervescente fantasia compositiva. "Quarter Century (Digital C-25 EP)" esce per la 24 Records (che potrebbe essere considerata la sorella minore della 42 Records) ed è un assaggio dell'album vero e proprio che uscirà verso fine Dicembre direttamente nella pagina Bandcamp (ebbene si, ancora Bandcamp) di Barbagallo. L'EP si apre felicemente con "A place called home", una sorta di country del secondo millennio dove Barbagallo suona, arrangia, scrive e mixa ogni cosa. Riconoscibilissimo il modo di cantare, sofferenza in formato telefonico, qui accompagnato da Lucia Urgese (compagna di Barbagallo nell'interessante progetto impro Les Dix-Huit Secondes ). Peccato che i testi non siano inclusi nel pacchetto text della release, brutto vizio che possiedono molte netlabel. "Clouds Behind The Moon" si appoggia su un ostinato di contrabasso contorniato da una festa di ritmiche "da cucina" e una chitarra semi-impazzita che continua a schizzare all'interno dell'intero brano. Qui Barbagallo offre solo voce e testo poichè l'intera traccia è composta e suonata magistralmente da Michele Alessi (accompagnato da Ignazio Nisticò allo xilophono). "Reject" è secondo me il top dell'EP, varrebbe la pena scaricarlo solo per questo brano. Se il progressive fosse nato nel 2010 sarebbe così. L'elenco dei rimandi potrebbe essere lungo pagine e pagine, dai Beatles a Zappa. Qui il genio e l'estro del chitarrista siciliano fuoriescono in tutta la loro forza. Da un intro alla Nino Rota si passa ad una prima parte che sembra uscire dai solchi di un vinile dei primi anni settanta con orchestrazioni degne di un compositore classico. Nella seconda parte il brano approda in una terra sognante, psichedelica, folle...perso in un bosco in preda agli effetti della Psilocybe semilanceata. In "Holiday" Barbagallo torna a riprendere in mano tutti gli strumenti donandoci un'altra composizione semi-prog giocata tutta sui diversi temi creati dalla sua chitarra. Sembra che Barbagallo si stia preparando per un'uscita in grande stile, a partire da questo libero assaggio in versione EP fino ad una serie di video già in circolazione su YouTube a promuovere la futura versione full-lenght di "Quarter century". Ascoltiamo in attesa...
SENTIREASCOLTARE
Barbagallo si è guadagnato da un pezzo un posto di rilievo nel mio ventaglio di aspettative. Questo venticinquenne da Siracusa con un curriculum già corposo (Suzanne's Silver, Tempestine, Albanopower...) ebbe modo di suscitare curiosità ed entusiasmo già coi lavori precedenti, un Ep e quel Floppy Disk che lo proponevano quale fratellastro zuzzurellone e genialoide dei Jennifer Gentle, con evidenti filiazioni Syd Barrett e Damon Albarn stemperate da affinità Richard Swift.
Un estroso totale insomma al cui repertorio il qui presente nuovo ep Quarter Century, disponibile in free download sul suo bandcamp, introduce ulteriori sbalestramenti stilistici, azzardando rimandi art rock e - come dire? - post prog in grana lo-fi, un po' come se Faust e Pere Ubu si dilettassero a destabilizzare siparietti Giant Sand (molto bello il rigurgito folk-rock nel finale di Show), lasciando fluire liberamente memorie Teenage Jesus e Nino Rota, ammiccando la destrutturazione lounge di Cibelle (splendida la rumba mutante di Clouds Behind The Moon) e la dissacrazione lucida di Frank Zappa.
Cinque pezzi per venti minuti circa come d'uopo per la serie degli ep 24 della 42 Records, aventi l'intenzione di omaggiare - anche da un punto di vista audio - le vecchie musicassette C25. Una stuzzicante follia cui hanno partecipato una pletora di amici della scena siciliana, membri sparsi e vari di Colapesce, Tellaro, Cpt. Quentin e Music For Eleven Instruments tra gli altri. Come antipasto al nuovo lavoro lungo, previsto per le prime settimane del 2011, è proprio niente male.
(7.1/10) Stefano Solventi
OSSERVATORIESTERNI
“Quarter Century” è il frutto di incontri incrociati e spontanei tra musicisti abituati ormai a creare roba e a dar vita sempre a qualche progetto insieme pur di non restare con gli strumenti freddi nelle mani. Barbagallo è solista con all’attivo un paio di album ed esperimenti lo-fi dal delicato tocco classico – come se volesse regalare la confezione di preziosi vinili alla produzione stessa delle sue cose più che alla loro forma - e autoprodotti (Barbie Noja Records), ma andando indietro nel tempo anche chitarrista e seconda voce degli Albanopower (ha già collaborato con i Loners e Colapesce), e coinvolto in collaborazioni con band come Suzanne’Silver e Tempestine (con Lorenzo Urciullo) nonché in vari progetti, come quello di sperimentazione elettroacustica Les Dix-Huit Secondes (con Lucia Urgese), sempre dell’area siracusana. Ogni brano di questo e.p. è come fosse una piccola storia a sé, in base agli “ospiti” che contiene, un collettivo di esperienze e di suoni che in parte seguono il percorso più sperimentale dei dischi precedenti in parte una forma canzone più classica. "A Place Called Home" - testo di Salvo Rizzuto - e "Holiday" sono per lo più lavoro di Barbagallo; "In Clouds Behind the Moon" c’è la collaborazione di Michele Alessi (Cpt. Quentin, Vinsent) – suoni, musiche, arrangiamento e mixaggio- e di Ignazio Nisticò (Camera 237) allo xilofono - il testo questa volta è di Carlo-, mentre in "Reject (No Reaction Time)" si alternano a Barbagallo, Lorenzo Urciullo (Colapesce) e Francesco Cantone (Tellaro) alle voci e Toti Valente (Albanopower) alle batterie; infine in "Show" c’è Salvo Sultano (dei Music for Eleven Instruments), e non c’è dubbio che sia proprio questa la traccia che effettivamente induce ad attendere il seguito.
NONGUARDOLATV
Se il nome Barbagallo non vi dice niente, si vede che non siete stati attenti. Di lui se n’è già parlato altrove, spargendone adeguatamente lodi per i suoi primi lavori, The EP e l’album Floppy Disk. Cosa c’è di nuovo a sto giro, uno allora si domanda. Beh c’è intanto lo sbarco su 42Records, etichetta sempre più attenta alle diverse realtà italiane misconosciute. Al livello musicale Carlo, come al solito, non si fa scrupoli e affronta i suoi mostri, mostrando tutte le sfaccettature della musica che gli interessa, che lo ispira. Se in “Clouds Behind The Moon” è troppo facile sentire gli echi dei primi dEUS, in altri pezzi siamo sulla stessa lunghezza d’onda di Atlas Sound e Panda Bear in quanto ad eclettismo. Ci sono stoccate prog e kraut, che fanno sempre bene, flauti e violini e quant’altro è riuscito a metter dentro in soli 5 pezzi e circa 20 minuti di musica esplosiva. Tutto pulito e prodotto ad opera d’arte in chiave lo-fi, perché nessun dettaglio è lasciato al caso. In attesa del secondo album, il consiglio e di ascoltare questi cinque pezzi per non farsi più trovare impreparati.
Andrea Firrincelli
ROCKIT
Meno folle e vivace, più pacato e maturo rispetto al passato. L'iperattività compositiva di Barbagallo, chitarrista e seconda voce degli Albanopower, giunge alla sua terza prova nel giro di appena due anni. Edito per 24, la collana digitale della 42 Records, "Quarter Century" segna il passo finora più importante nel percorso solistico del venticinquenne siracusano. Cinque brani che innanzitutto incuriosiscono per il gran numero di collaborazioni che si portano dietro, un ventaglio di nomi tra i più promettenti dell'attuale fioritura artistica siciliana e calabrese.
Dopo l'apertura di "A place called home", trasognante e cristallina, "Clouds behind the moon" segna l'apporto di Michele Alessi (Captain Quentin) e Ignazio Nisticò (Camera 237): il risultato è un Damon Albarn in salsa orientale, melodie sospese e fili di voci che si intersecano con raffinata cura neo-folk. Segue "Reject (No Reaction Time)", il pezzo più eclettico del lavoro, frutto della collaborazione con Lorenzo Urciullo (Colapesce), Francesco Cantone (Tellaro) e Toti Valente (Albanopower): l'effetto è spiazzante: un pastone prog-rock che mescola compulsioni strumentali a fragili atmosfere pop. "Holiday" è invece il momento in cui Carlo Barbagallo fa quello che ama di più fare, suonare la chitarra: in modo virtuosistico oppure cazzone gioca allo specchio da solo, fantasioso e imprevedibile (potrei citare Frank Zappa ma non lo farò). L'album chiude con "Show", a mio avviso il pezzo più invitante: sarà per il contributo di Salvo Sultano (Music For Eleven Instruments) ma ora, in questo preciso momento, adoro questa canzone: Syd Barrett, Howe Gelb, le atmosfere morriconiane. Quattro minuti eleganti, istintivi, notturni. E se mi addormento? Salto carpiato nel buio.
Alex Urso
BEATBEATTHEORY
Non vorrei essere ripetititvo, ma non c'è dubbio che non è un caso che gli Albanopower siano un gruppo grandioso, ogni singolo musicista di quel gruppo, ha in se una genialità e un estro poco comune. Carlo Barbagallo a mio giudizio, è quello che è più eclettico, le sue canzoni vanno da unelectro qualcosa ad un art-blues (esiste?), ma sta di fatto che la sua sperimentazione sonora da sempre o quasi un esito notevole e molto interessante. Sicuramente le sue sono canzoni di spessore, dove la ritmica incontra la melodia in modo complesso, ma in modo sinallagmatico, c'è uno scambio perfetto fra le due, quasi come in un colpo di fulmine. Consiglio a tutti un ascolto attento, non è per orecchie comuni, superato il primo ascolto, puoi entrarci dentro con tutte le scarpe.
Markio - 8/10
VITAMINIC
Un pianoforte scordato per accennare ad una storia d’amore, di tormento e di gelosia. Salvo Sultano presta i suoi undici strumenti impolverati e lentamente il filo di questa trama fragile si distende, tra le mani di Barbagallo. Rintocchi di inesorabile ossessione, un sottofondo poco poco paranoico e mellowtronico che scandisce il tempo circolare del rimuginare. Si sviluppa come un’idea intrigante, la segui con empatia, ti tiene in ostaggio, croce e delizia. Come un’intuizione dolorosa, ne cerchi le prove tutt’intorno e, se non ne trovi, poco male, sei in scacco lo stesso. Sono questi pensieri minuscoli che ti ingarbugliano il senno e ti si agitano dentro come percussioni sorde, fino ad esaurirsi in un sussurro roco dentro un anello di fumo.
Tenetelo d’occhio Barbagallo. Già chitarrista di Albanopower, Susanne’Silver e Tempestine, non è un tipo a cui piace stare con le mani in mano. Curiosità: l’ep da cui è tratto Show, Quarter Century, prodotto dalla label 42records, per la collana 24, è stato mixato e masterizzato per suonare come una cassettina registrata negli anni ‘80, una C-25, per la precisione. Niente di strano, forse, per un artista che da sempre flirta col vintage, tanto da chiamare il precedente disco, nostalgicamente, Floppy Disk.
Roberta Bellitto
BLOWUP - MOGLIEBUOI
...A cavallo di Frimaio e Nevoso ha visto la luce il nuovo EP di Barbagallo "Quarter Century" (esteso ai massimi termini nella propria pagina personale), in cui il chitarrista di Albanopower rinfocola la passione per lo psychopop lo-fi originato da ascolti 60s e tecniche di produzione/registrazione vintage...
Enrico Veronese
ELROCCO
Quarter Century suona raggomitolato su se stesso, chiaramente sporcato da un estetica lofi mai vincente, un disco dove si sta sospesi o schiacciati sul presente. Una esperienza da dove si esce frastornati ma felici.
BREAKFASTJUMPERS
Quarter Century è un piccolo scrigno di elettropop e calci nel cuore. Show ha preso in ostaggio il mio cervello e ogni volta che l'ascolto mi sciolgo come un pupazzo di neve in forno. Bellissimo è anche il video della suddetta canzone scritta a quattro mani con Salvatore Sultano dei Music For Eleven Instruments.
You may already know Barbagallo from his previous activity with Albanopower, Suzanne'Silver, Tempestine and a couple of good album released under his current moniker. Blame it on Sicilian air if people really can't seem to bear to sit around twiddling their thumbs: his latest release "Quarter Century" is a rather ambitious effort. All the songs included on the album were written, recorded and arranged with the help of a slew of guest musicians, among whom Lorenzo Urciullo e Toti Valente (Albanopower, Colapesce), Francesco Cantone (Tellaro), Michele Alessi (Cpt. Quentin, Vinsent), Ignazio Nisticò (Camera 237) and Salvo Sultano (Music for Eleven Instruments). Barbagallo's ideas, however, do not end here. The whole EP was mastered to sound like an 80's cassette tape, sort of like a digital C25. These first five songs are in fact part of a whole album, which will be available for download and in physical release starting December 24th, on Barbagallo's Bandcamp page.
42 Records Website
Come ormai dovreste sapere, 24 per noi è anche un’occasione per dare spazio a musicisti in qualche modo connessi con l’attività di 42. Quelli parte della famiglia, di cui magari in passato abbiamo già pubblicato dischi, brani su compilation e chi più ne ha più ne metta. Carlo Barbagallo è sicuramente uno di questi. Chitarrista, seconda voce, tuttofare, degli albanopower, è in realtà uno che non si ferma un attimo. Sono molteplici i progetti in cui è coinvolto: i Suzanne’Silver (la sua band, con un discreto curriculum all’estero), Tempestine (duo formato con Lorenzo Urciullo, sempre degli Albanopower), e molti altri. Come solista ha già pubblicato un album e un’ep molto apprezzati sia dalla critica che dal pubblico. “Quarter Century” forse rappresenta il suo passo più ambizioso. Un album realizzato interamente in collaborazione con altri musicisti, tra cui i soliti Lorenzo Urciullo e Toti Valente (Albanopower, Colapesce), Francesco Cantone (Tellaro), Michele Alessi (Cpt. Quentin, Vinsent), Ignazio Nisticò (Camera 237) and Salvo Sultano (Music for Eleven Instruments). Ogni brano è una storia a sé. I suoni scelti sono di diverso stampo e i brani alternano alla forma canzone classica anche momenti di stampo più sperimentale. La versione che esce per 24 ha la forma di un EP digitale (5 brani), mixato e masterizzato per suonare come una musicassetta registrata negli anni ‘80. Una C-25, per la precisione. Un’altra delle folli idee di Carlo, perfetta però per dare all’intero lavoro un’impronta lo-fi ben riconoscibile. La versione integrale dell’album, anche con supporto fisico, sarà pubblicata sulla pagina Bandcamp di Barbagallo verso la fine di dicembre. Nel frattempo, però, potete scaricare gratuitamente questa versione speciale, realizzata apposta per 42 Records e 24. Una piccola cassetta in MP3. Una sorpresa. L’ennesima.
HEARTOFGLASS
Questa non è solo la storia di un disco, ma per chi sa leggere tra le righe, saprà apprezzare quella che è l’evoluzione di una scena intera: quella siciliana. Prendete carta e penna dunque, annotate qualche nome. Carlo Barbagallo, chitarrista classe 1985 nato con la sei corde in mano, visto il curriculum musicale. Menestrello dagli effetti acidi e psichedelia low-fi, ospita in questo suo Quarter Century ottimi musicisti con ottime idee, corrispondenza quasi mai scontata. Fattosi le ossa nei Suzanne’Silver percorre la sua parabola distorta facendosi apprezzare negliAlbanopower, ironico trio dalle mille sfaccetture elettro-pop-sperimentali. Come ciliegia sulla torta ecco la produzione e partecipazione dell’esordio dei Loners (I Remember a Dream, che mi è rimasto abbastanza ben impresso).
Perciò questo ep rappresenta un esperienza interessante non solo perchè coadiuvato da un sfilza di nomi che ricalcano la scena intera di Siracura e dintorni, ma assume le tinte di un innamoramento e di una passione che solo chi ama veramente la musica è in grado di cogliere. Lorenzo Urciullo già con lui nei Tempestine, è uno di quelli parecchio invischiati nella stesura di questo disco, ma citerei pure il violoncello di Michele Alessi (Captain Quentin, esperimento interessante!) e il tocco elettro-acid di Salvo Sultano (Music for Eleven Instruments). Album dai contenuti spettacolari, sperimentale quanto basta. Ruvido nel rovesciare la forma canzone classica, senza esagerare in distorsioni, delay o slide-shows! Una ricerca sonora che punta molto sul redivivo low-fi, e fa assomigliare questo ep ad una reliquia di metà anni ottanta. Suoni ovattati, pressurizzati in melodie tutto sommato accessibili, synth dosati con buon fiuto nel creare vuoto d’atmosfera rarefatta, senza per forza assomigliare a qualche pasticcio gotico o spettrale. Una sorta di malinconia di seconda mano che esce timida dalla tana del cuore, ritmi che passeggiano sulla lama del rasoio, come nella lenta Show dalle velleità pop ma dal coraggio underground: l’uso della tecnologia è piuttosto circoscritto, preferendo la musica suonata e “pensata” ad effetti suppellettili di scarso valore artistico. Si apre con A place Called Home che ci risucchia l’energia in un vortice cobalto: sembra un esercizio elettronico ma che sapientemente (ed inaspettatamente!) si trasforma in una ballata nebulosa percorsa da brividi lisergici, un lasciarsi cullare dalle onde d’un mare psichedelico: estremamente rilassante! Il ritmo tribale di Clouds Behind Moon smaschera una variopinta fantasia, quasi dub nella sua evoluzione, quasi blues negli intenti: mischiare i generi senza nessun compromesso o preconcetto, questo sembra essere il segreto di Carlo Barbagallo nei suoi featuring. Reject (no reaction time) si fa nervosa e carica di tensione, quasi come i primi lavori dei Teenage Jesus di Lydia Lunch, meno lussuriosi, ma con un pizzico di carillon convulso da lullaby capovolta. Effetti d’archi che s’incastrano nella trama leggera di chitarra per essere poi soppiantati dal languido placebo di un xilofono che passeggia sulle melodie d’un brano intarsiato di un acido onirismo. Holiday sembra fare a botte con una minimalista wave decodificata secondo il vangelo di Barbagallo, in questo brano è palese la guerra di mondi tra i suoni puramente sperimentali ed analogici e il tocco d’avanguardia digitale che prende a schiaffi ogni retorica, in un ottimo mix che non soffre la nausea. Non mi resta altro da dire: ascoltatelo e basta!
ARTISTSANDBANDS
Carlo Barbagallo, eclettico musicista siracusano, che nonostante la giovane età possiede un intensissima attività sia come membro degli Albanopower, Suzanne’Silver, Tempestine, Redondo che come solista è in procinto di uscire con il suo nuovo lavoro Quarter Century proprio in questo periodo. Intanto ha da poco pubblicato una versione preliminare piuttosto singolare dell’album, denominata Quarter Century Digital C-25 EP. In pratica la versione digitale, ascoltabile e scaricabile gratuitamente possiede una patina sonora volutamente vintage a mo' di musicassetta per intenderci e precede il lavoro integrale d’imminente pubblicazione. Quarter Century, segue l’acclamato disco Floppy Disk che ha riscosso pareri favorevoli anche all’estero. I brani di questo EP sono molto brillanti per quanto riguarda l’aspetto melodico, come per l’apertura del breve e raggiante "A Place Called Home". Barbagallo sembra amare molto il mescolare sonorità elettroniche e sperimentali, con quelle più dolci ed evocative come avviene ad in "Reject (No Reaction Time)". "Clouds Behind The Moon" è un pezzo che ha una scarna ritmica a tratti jazzata in cui troviamo una crepitante chitarra soffusamente elettrica. I rimandi sono molteplici, dai Radiohead ai Beatles passando per Syd Barrett utilizzando una forma canzone volutamente scarna quasi parlata. Un'attenzione in particolare ricade sulla capacità di questo musicista di saper costruire attraverso sonorità a volte acide e ritmiche aguzze come in "Holiday", originali e sbarazzine immagini sonore giostrandosi molto bene sia nell’impiego del synth che dell’elettrica non troppo caricata di effettistica. EP davvero molto interessante ed intelligente nella costruzione melodica, da tenere d’occhio!
Andrea Marchegiani - 7.5/10
NETMUSICLIFE
A poco più di un anno di distanza dal brillante e pregevole "Floppy Disk" (elogiato all'unisono dalla critica musicale) torna l'instancabile Barbagallo, giovanissimo artista siracusano (classe 1985) talento quasi inarrivabile del panorama musicale italiano, indie e non, dall'effervescente fantasia compositiva. "Quarter Century (Digital C-25 EP)" esce per la 24 Records (che potrebbe essere considerata la sorella minore della 42 Records) ed è un assaggio dell'album vero e proprio che uscirà verso fine Dicembre direttamente nella pagina Bandcamp (ebbene si, ancora Bandcamp) di Barbagallo. L'EP si apre felicemente con "A place called home", una sorta di country del secondo millennio dove Barbagallo suona, arrangia, scrive e mixa ogni cosa. Riconoscibilissimo il modo di cantare, sofferenza in formato telefonico, qui accompagnato da Lucia Urgese (compagna di Barbagallo nell'interessante progetto impro Les Dix-Huit Secondes ). Peccato che i testi non siano inclusi nel pacchetto text della release, brutto vizio che possiedono molte netlabel. "Clouds Behind The Moon" si appoggia su un ostinato di contrabasso contorniato da una festa di ritmiche "da cucina" e una chitarra semi-impazzita che continua a schizzare all'interno dell'intero brano. Qui Barbagallo offre solo voce e testo poichè l'intera traccia è composta e suonata magistralmente da Michele Alessi (accompagnato da Ignazio Nisticò allo xilophono). "Reject" è secondo me il top dell'EP, varrebbe la pena scaricarlo solo per questo brano. Se il progressive fosse nato nel 2010 sarebbe così. L'elenco dei rimandi potrebbe essere lungo pagine e pagine, dai Beatles a Zappa. Qui il genio e l'estro del chitarrista siciliano fuoriescono in tutta la loro forza. Da un intro alla Nino Rota si passa ad una prima parte che sembra uscire dai solchi di un vinile dei primi anni settanta con orchestrazioni degne di un compositore classico. Nella seconda parte il brano approda in una terra sognante, psichedelica, folle...perso in un bosco in preda agli effetti della Psilocybe semilanceata. In "Holiday" Barbagallo torna a riprendere in mano tutti gli strumenti donandoci un'altra composizione semi-prog giocata tutta sui diversi temi creati dalla sua chitarra. Sembra che Barbagallo si stia preparando per un'uscita in grande stile, a partire da questo libero assaggio in versione EP fino ad una serie di video già in circolazione su YouTube a promuovere la futura versione full-lenght di "Quarter century". Ascoltiamo in attesa...
SENTIREASCOLTARE
Barbagallo si è guadagnato da un pezzo un posto di rilievo nel mio ventaglio di aspettative. Questo venticinquenne da Siracusa con un curriculum già corposo (Suzanne's Silver, Tempestine, Albanopower...) ebbe modo di suscitare curiosità ed entusiasmo già coi lavori precedenti, un Ep e quel Floppy Disk che lo proponevano quale fratellastro zuzzurellone e genialoide dei Jennifer Gentle, con evidenti filiazioni Syd Barrett e Damon Albarn stemperate da affinità Richard Swift.
Un estroso totale insomma al cui repertorio il qui presente nuovo ep Quarter Century, disponibile in free download sul suo bandcamp, introduce ulteriori sbalestramenti stilistici, azzardando rimandi art rock e - come dire? - post prog in grana lo-fi, un po' come se Faust e Pere Ubu si dilettassero a destabilizzare siparietti Giant Sand (molto bello il rigurgito folk-rock nel finale di Show), lasciando fluire liberamente memorie Teenage Jesus e Nino Rota, ammiccando la destrutturazione lounge di Cibelle (splendida la rumba mutante di Clouds Behind The Moon) e la dissacrazione lucida di Frank Zappa.
Cinque pezzi per venti minuti circa come d'uopo per la serie degli ep 24 della 42 Records, aventi l'intenzione di omaggiare - anche da un punto di vista audio - le vecchie musicassette C25. Una stuzzicante follia cui hanno partecipato una pletora di amici della scena siciliana, membri sparsi e vari di Colapesce, Tellaro, Cpt. Quentin e Music For Eleven Instruments tra gli altri. Come antipasto al nuovo lavoro lungo, previsto per le prime settimane del 2011, è proprio niente male.
(7.1/10) Stefano Solventi
OSSERVATORIESTERNI
“Quarter Century” è il frutto di incontri incrociati e spontanei tra musicisti abituati ormai a creare roba e a dar vita sempre a qualche progetto insieme pur di non restare con gli strumenti freddi nelle mani. Barbagallo è solista con all’attivo un paio di album ed esperimenti lo-fi dal delicato tocco classico – come se volesse regalare la confezione di preziosi vinili alla produzione stessa delle sue cose più che alla loro forma - e autoprodotti (Barbie Noja Records), ma andando indietro nel tempo anche chitarrista e seconda voce degli Albanopower (ha già collaborato con i Loners e Colapesce), e coinvolto in collaborazioni con band come Suzanne’Silver e Tempestine (con Lorenzo Urciullo) nonché in vari progetti, come quello di sperimentazione elettroacustica Les Dix-Huit Secondes (con Lucia Urgese), sempre dell’area siracusana. Ogni brano di questo e.p. è come fosse una piccola storia a sé, in base agli “ospiti” che contiene, un collettivo di esperienze e di suoni che in parte seguono il percorso più sperimentale dei dischi precedenti in parte una forma canzone più classica. "A Place Called Home" - testo di Salvo Rizzuto - e "Holiday" sono per lo più lavoro di Barbagallo; "In Clouds Behind the Moon" c’è la collaborazione di Michele Alessi (Cpt. Quentin, Vinsent) – suoni, musiche, arrangiamento e mixaggio- e di Ignazio Nisticò (Camera 237) allo xilofono - il testo questa volta è di Carlo-, mentre in "Reject (No Reaction Time)" si alternano a Barbagallo, Lorenzo Urciullo (Colapesce) e Francesco Cantone (Tellaro) alle voci e Toti Valente (Albanopower) alle batterie; infine in "Show" c’è Salvo Sultano (dei Music for Eleven Instruments), e non c’è dubbio che sia proprio questa la traccia che effettivamente induce ad attendere il seguito.
NONGUARDOLATV
Se il nome Barbagallo non vi dice niente, si vede che non siete stati attenti. Di lui se n’è già parlato altrove, spargendone adeguatamente lodi per i suoi primi lavori, The EP e l’album Floppy Disk. Cosa c’è di nuovo a sto giro, uno allora si domanda. Beh c’è intanto lo sbarco su 42Records, etichetta sempre più attenta alle diverse realtà italiane misconosciute. Al livello musicale Carlo, come al solito, non si fa scrupoli e affronta i suoi mostri, mostrando tutte le sfaccettature della musica che gli interessa, che lo ispira. Se in “Clouds Behind The Moon” è troppo facile sentire gli echi dei primi dEUS, in altri pezzi siamo sulla stessa lunghezza d’onda di Atlas Sound e Panda Bear in quanto ad eclettismo. Ci sono stoccate prog e kraut, che fanno sempre bene, flauti e violini e quant’altro è riuscito a metter dentro in soli 5 pezzi e circa 20 minuti di musica esplosiva. Tutto pulito e prodotto ad opera d’arte in chiave lo-fi, perché nessun dettaglio è lasciato al caso. In attesa del secondo album, il consiglio e di ascoltare questi cinque pezzi per non farsi più trovare impreparati.
Andrea Firrincelli
ROCKIT
Meno folle e vivace, più pacato e maturo rispetto al passato. L'iperattività compositiva di Barbagallo, chitarrista e seconda voce degli Albanopower, giunge alla sua terza prova nel giro di appena due anni. Edito per 24, la collana digitale della 42 Records, "Quarter Century" segna il passo finora più importante nel percorso solistico del venticinquenne siracusano. Cinque brani che innanzitutto incuriosiscono per il gran numero di collaborazioni che si portano dietro, un ventaglio di nomi tra i più promettenti dell'attuale fioritura artistica siciliana e calabrese.
Dopo l'apertura di "A place called home", trasognante e cristallina, "Clouds behind the moon" segna l'apporto di Michele Alessi (Captain Quentin) e Ignazio Nisticò (Camera 237): il risultato è un Damon Albarn in salsa orientale, melodie sospese e fili di voci che si intersecano con raffinata cura neo-folk. Segue "Reject (No Reaction Time)", il pezzo più eclettico del lavoro, frutto della collaborazione con Lorenzo Urciullo (Colapesce), Francesco Cantone (Tellaro) e Toti Valente (Albanopower): l'effetto è spiazzante: un pastone prog-rock che mescola compulsioni strumentali a fragili atmosfere pop. "Holiday" è invece il momento in cui Carlo Barbagallo fa quello che ama di più fare, suonare la chitarra: in modo virtuosistico oppure cazzone gioca allo specchio da solo, fantasioso e imprevedibile (potrei citare Frank Zappa ma non lo farò). L'album chiude con "Show", a mio avviso il pezzo più invitante: sarà per il contributo di Salvo Sultano (Music For Eleven Instruments) ma ora, in questo preciso momento, adoro questa canzone: Syd Barrett, Howe Gelb, le atmosfere morriconiane. Quattro minuti eleganti, istintivi, notturni. E se mi addormento? Salto carpiato nel buio.
Alex Urso
BEATBEATTHEORY
Non vorrei essere ripetititvo, ma non c'è dubbio che non è un caso che gli Albanopower siano un gruppo grandioso, ogni singolo musicista di quel gruppo, ha in se una genialità e un estro poco comune. Carlo Barbagallo a mio giudizio, è quello che è più eclettico, le sue canzoni vanno da unelectro qualcosa ad un art-blues (esiste?), ma sta di fatto che la sua sperimentazione sonora da sempre o quasi un esito notevole e molto interessante. Sicuramente le sue sono canzoni di spessore, dove la ritmica incontra la melodia in modo complesso, ma in modo sinallagmatico, c'è uno scambio perfetto fra le due, quasi come in un colpo di fulmine. Consiglio a tutti un ascolto attento, non è per orecchie comuni, superato il primo ascolto, puoi entrarci dentro con tutte le scarpe.
Markio - 8/10
VITAMINIC
Un pianoforte scordato per accennare ad una storia d’amore, di tormento e di gelosia. Salvo Sultano presta i suoi undici strumenti impolverati e lentamente il filo di questa trama fragile si distende, tra le mani di Barbagallo. Rintocchi di inesorabile ossessione, un sottofondo poco poco paranoico e mellowtronico che scandisce il tempo circolare del rimuginare. Si sviluppa come un’idea intrigante, la segui con empatia, ti tiene in ostaggio, croce e delizia. Come un’intuizione dolorosa, ne cerchi le prove tutt’intorno e, se non ne trovi, poco male, sei in scacco lo stesso. Sono questi pensieri minuscoli che ti ingarbugliano il senno e ti si agitano dentro come percussioni sorde, fino ad esaurirsi in un sussurro roco dentro un anello di fumo.
Tenetelo d’occhio Barbagallo. Già chitarrista di Albanopower, Susanne’Silver e Tempestine, non è un tipo a cui piace stare con le mani in mano. Curiosità: l’ep da cui è tratto Show, Quarter Century, prodotto dalla label 42records, per la collana 24, è stato mixato e masterizzato per suonare come una cassettina registrata negli anni ‘80, una C-25, per la precisione. Niente di strano, forse, per un artista che da sempre flirta col vintage, tanto da chiamare il precedente disco, nostalgicamente, Floppy Disk.
Roberta Bellitto
BLOWUP - MOGLIEBUOI
...A cavallo di Frimaio e Nevoso ha visto la luce il nuovo EP di Barbagallo "Quarter Century" (esteso ai massimi termini nella propria pagina personale), in cui il chitarrista di Albanopower rinfocola la passione per lo psychopop lo-fi originato da ascolti 60s e tecniche di produzione/registrazione vintage...
Enrico Veronese
ELROCCO
Quarter Century suona raggomitolato su se stesso, chiaramente sporcato da un estetica lofi mai vincente, un disco dove si sta sospesi o schiacciati sul presente. Una esperienza da dove si esce frastornati ma felici.
BREAKFASTJUMPERS
Quarter Century è un piccolo scrigno di elettropop e calci nel cuore. Show ha preso in ostaggio il mio cervello e ogni volta che l'ascolto mi sciolgo come un pupazzo di neve in forno. Bellissimo è anche il video della suddetta canzone scritta a quattro mani con Salvatore Sultano dei Music For Eleven Instruments.