STORIADELLAMUSICA
Conosco Barbagallo dal 1996, aveva undici anni, indossava una oscena felpa dei Metallica, cantava i pezzi degli Alice in Chains esattamente come la buonanima di Layne Staley. Aveva un’aria strafottente che a molti dava fastidio ma era semplicemente un ragazzino distratto. Barbagallo nasce come cantante dei Five Against One, qualche anno dopo è cantante e chitarrista dei Suzanne’Silver (eravamo sempre gli stessi meno uno). Ai tempi era uno scarso chitarrista con quella sua odiosa Peavey ereditata da suo padre, una simil- telecaster che noi soprannominammo “l’Aquila” per via della facile tendenza al larsen. Barbagallo scrive senza sosta, si inventa possessore di una piccola etichetta indipendente, la Barbie Noja Records (ora Noja Recordings), per la quale escono i suoi dischi autoprodotti.
Grey/Lady è un album inevitabilmente lo-fi, formalmente semplice seppure sofisticato, comunque lontano da quel barocco che contraddistingue i lavori più recenti di Barbagallo, e questo lo reputo il suo principale pregio. Ma ciò deriva da un mio problema personale. Forse non sono mai riuscito ad accettare l’influenza che, qualche anno dopo l’uscita di questo album, il proganni settanta e tutto ciò che ne consegue ha esercitato sul mio amico Barbagallo. Ed io non sono riuscito a salvarlo...ah ah ah! Come già anticipato, conosco Barbagallo da quindici anni e vi posso assicurare che il “Grey” del titolo si riferisce al fatto che in quel periodo era davvero grigio, intendo cromaticamente. L’album si apre con I’m grey without her blues, reprise in chiave cotton field blues della seconda traccia I’m grey without her dove si respira un’aria Sin Ropas e Califone. 06 04 06 (Cloudy day) è una galoppata strumentale nel deserto intervallata da un demone blues cacofonico mentreWait è un susseguirsi di mellow nirvaniano, purgatorio targato Sap degli Alice in Chains; il risultato è una cantilena beatlesiana dal chitarrismo cristallino (per intenderci alla Radiohead di Ok Computer) e dall’andatura singhiozzante.
Diana è un’altra perla strumentale dall’arrangiamento sofisticato tratta da un film meraviglioso; Jack, my gift is my disgrace è uno dei momenti più riusciti dell’album: un accenno di chitarra blues dà il via ad un tribalismo acustico in contrasto ad una sezione ritmica sintetica e ardua; mi vengono in mente Led Zeppelin III e Shape dei Polvo. Seguono tre momenti strumentali: Key D è pura musica da camera dei nostri tempi, A vast grey cloud è un estemporaneo susseguirsi di arpeggi di chitarra acustica e amatissimo fruscio,Gone è un esercizio di accordatura aperta in stile hippie.
La seconda parte del disco si apre con No place, ballata country dai suoni retrò, chitarra acustica strappata (caratteristica dello stile barbagallesco) e voce sinuosa chiaramente ispirata John Lennon; il tutto su una nota continua di chitarra stile mandolino (forse unico elemento musicale del disco che ci ricorda le origini sicule di Barbagallo). South Summer Sun è un leggero pop per voce e chitarre dalle semplici quanto sconcertanti linee melodiche; un'emozione di un minuto e venti secondi chiuso da una coda space rockscritta da Tazio Iacobacci (Pola e Tellaro) che sembra rubata a un live deiMono. Harry Langdon's Football Match è un sorprendente strumentale che unisce il country al gitano, una linea di basso che sembra vuole prenderci in giro e un amore ancora embrionale per il suono sintetico. E’ un brano evidentemente influenzato dal progetto Redondo, nato per sonorizzare film muti dal vivo, di cui Barbagallo era portavoce in quel periodo insieme a Giovanni Fiderio, violinista di Mashrooms e Tapso II, e il nostro amico Tabacco, un personaggio che è convinto che prima degli Shipping News non esistesse niente, entrambi presenti in alcune tracce di questo lavoro. The Church è un cupo jazz notturno dalle atmosfere strafatte e morfinose. Il punto di partenza di Tuesday 27... An Afternoon For A Minute è il chitarrismo dei Polvo e dei Sicbay in chiave acustica, puro lo-fi strumentale con apertura melodica epica sul finale, il tutto in poco più di un minuto. Enter L, brano scritto insieme a Lorenzo Urciullo (The Last Merendina, Albanopower, Colapesce) riprende quel pop universale di South Summer Sun suonato con la solita cadenza country sgangherata e lo fa cantare al David Crosby degli inizi, quello dei Byrds ...quello ancora senza barba per intenderci. Formage Room è una ballad acustica che ci ricorda, come molti altri brani, cheBarbagallo è nato con uno slide in metallo al posto dell’anulare della mano sinistra. Traffic Lights chiude l’album rincorrendo una serie di accordi come se stesse cercando di imparare un giro di chitarra su una base fissa di batteria campionata suonata da un autistico mentre le chitarre cercano di emulare segnali radio ormai andati.
Signore e signori, Grey/Lady: l’album dell’anno, anche se uscito circa cinque anni fa.
William De Marion
WOODSTOCK77
Barbagallo è un musicista siciliano difficilmente etichettabile sotto un semplice genere o addirittura una semplice scena musicale: gli unici rimandi plausibili che a chi scrive vengono in mente sono riferiti al genio Toby Driver, già compositore e musicista cuore di progetti a dir poco stupefacenti come i “The Microphones” o i “Mt. Eerie” che compongono una musica attinente a questa per atmosfere e metodica. Parlando di musica abbiamo a che fare con un blues molto poco canonico e decisamente fuori da ogni schema: voci effettate, chitarre che dipingono melodie oniriche e trasognanti con una accompagnamento ritmico adattissimo alla proposta. La cosa che più stupisce quando si ascoltano alcuni dei suoi lavori è il mood che attraversa nota dopo nota l’intero album. Prendendo in esempio “Grey/Lady” non è possibile non pensare ad un enorme traversata in un deserto in bianco e nero accompagnati soltanto da quel senso di dispersione che la musica riesce magistralmente a trasmettere. Passo dopo passo si attraversano le varie traccie in cui l’album è composto arrivando a stupirsi per la bellezza di alcune melodie (06 04 06 Cloudy Day) su tutte o per alcuni colpi di genio a livello sonoro (il duetto pianoforte/violino in KeyD). Cambiando lavoro cambiano leggermente atmosfere: “Ego-God” parte, esattamente come anticipato dalla descrizione presente su bandcamp con pecore, mucche ed un violino. Atmosfere bucoliche per una passeggiata. L’album ricorda molto i vecchi concept album dell’era progressiva per questa sua originalità e per il piglio con cui l’intera musica viene suonata; si sente palesemente la voglia di sperimentare e di creare qualcosa di nuovo con ottimi risultati. Gli unici difetti riscontrati sono di piccola levatura: i testi non sono niente di eccezionale, semplici e funzionali non aggiungono però niente di veramente nuovo a ciò che l’autore già riesce a proporre con la sua musica ed in secondo luogo alcuni potrebbero considerare difetto quello che forse è il pregio intrinseco della musica di Barbagallo: La tipologia di proposta. La musica di Barbagallo è tutto fuochè semplice e non risulta accessibile ad una buona fetta di ascoltatori per quella magia che un pò è permeata nelle note e nelle atmosfere. Se si riesce a superare questi due piccoli difetti però ci si troverà davanti ad un mondo onirico, fatto di passeggiate inquietanti e di deserti estenuanti; la musica di Barbagallo fà sognare e fà emozionare, risultando fresca ed originale anche dopo numerosi ascolti. Come al solito ci troviamo di fronte ad un artista italiano che non ha niente da invidiare alla scena internazionale per quanto riguarda certe tipologie musicali, è da augurarsi soltanto che venga al più presto accostato a grandi nomi quando si tratterà di definire un determinato genere musicale, quel blues onirico e storto con atmosfere allucinate e con sentore di magia che permea l’aria per ogni secondo passato.
Graziano Salini